Lavoro e Professioni 15 Dicembre 2020 17:40

Professioni sanitarie, pressing delle Federazioni: «I 9 miliardi del Recovery non bastano. Rafforzare Consulta»

Al Forum Risk Management 2020 riuniti i rappresentanti delle Federazioni degli Ordini delle professioni sanitarie. Vicario (FNOPO): «Non dare gambe alla Consulta delle professioni occasione persa». Beux (FNO TSRM e PSTRP) chiede almeno 25-30 miliardi per la sanità. Giustetto (FNOMCeO) rilancia richiesta di accedere al MES

Professioni sanitarie, pressing delle Federazioni: «I 9 miliardi del Recovery non bastano. Rafforzare Consulta»

Il fronte delle professioni sanitarie è compatto nel ritenere irricevibile lo stanziamento di nove miliardi per il settore previsto dalla bozza di Recovery Plan. È quanto emerge dalla tavola rotonda “Le professioni sanitarie ed il rilancio del sistema sanitario” all’interno del Forum Risk Management 2020 (quest’anno in modalità telematica) alla quale hanno partecipato tutti i principali referenti degli Ordini delle professioni sanitarie: Barbara Mangiacavalli per la FNOPI, Alessandro Beux per la federazione TSRM e PSTRP, Gaetano Penocchio per la FNOVI, Alberto Spanò per l’Ordine dei Biologi, Gianmario Gazzi per il CNOAS, Maria Vicario per la FNOPO, Guido Giustetto in rappresentanza della FNOMCeO e, per il Ministero della Salute, Cristina Rinaldi della Direzione generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del Servizio Sanitario Nazionale.

La critica alla bozza del Recovery Fund non è stato l’unico elemento che ha unito i rappresentanti delle professioni sanitarie: molti hanno fatto cenno alla “falsa partenza” della Consulta delle Professioni sanitarie, resa permanente dal Ministro della Salute Speranza lo scorso gennaio ma poi nei fatti quasi mai protagonista della fase emergenziale Covid-19. Al centro del dibattito anche le USCA, bocciate come esempio di lavoro multidisciplinare, mentre promossi i drive in dove spesso si sono trovati a lavorare fianco a fianco medici, infermieri, biologi, tecnici di laboratorio.

Gazzi: «Stop corporativismi»

Prova a fare gioco di squadra Gianmario Gazzi, Presidente del Consiglio Nazionale degli Assistenti Sociali: «A noi interessano le persone. Se poniamo al centro del sistema la persona forse riusciamo a superare alcuni atavici problemi come il corporativismo che riguarda anche altri settori oltre alla sanità. La pandemia ha mostrato che serviamo tutti: non c’è qualcuno che serva più degli altri. Abbiamo sentito polemiche corrette sui ricoveri impropri, nessuno ha fatto la valutazione della situazione di quella persona. Il bilancio è in chiaroscuro su questo. Noi pensiamo che bisogna costruire un sistema integrato. Nelle USCA era prevista integrazione tra figure professionali che spesso non c’è stata. È stato un errore, perchè nessuno si è occupato di persone che potevano essere curate a domicilio con delle reti di supporto sul territorio. Usciamo da visioni novecentesche del sistema altrimenti faremo solo operazioni di corto respiro».

Il ruolo dei veterinari

Anche il Presidente della Federazione degli Ordini dei Veterinari Gaetano Penocchio ha sottolineato l’esigenza di fare squadra, ognuno con le proprie competenze: «In questa emergenza noi non eravamo negli ospedali ma eravamo negli allevamenti. Abbiamo garantito la sicurezza alimentare nelle sale di macellazione, nei caseifici, ecc. Abbiamo curato 32 milioni di animali da compagnia presenti nella metà delle case degli italiani. Facciamo parte della prevenzione primaria. L’igiene zootecnica, la sanità alimentare sono interessi della collettività. Purtroppo non sono percepiti come diritti individuali ma la loro importanza è di interesse nazionale. Il regionalismo ci penalizza. Eppure nell’emergenza Covid la medicina veterinaria nelle sue articolazioni territoriali avrebbe potuto dare di più. Abbiamo esperienze nel fronteggiare epidemie con e senza vaccini. Il coinvolgimento immaginato da qualche governatore è poco proponibile, per un problema della responsabilità professionale. Confido che ci sia la possibilità di lavorare tutti insieme. Serviamo tutti, ognuno per la sua attività».

Vicario: «Consulta professioni è senza ‘gambe’»

Anche Maria Vicario, Presidente della Federazione delle Ostetriche, analizza ciò che non ha funzionato in questi mesi: «Non dare gambe alla Consulta delle professioni è stata un’occasione persa. Sicuramente l’anello debole della catena è stato il territorio, il tallone d’Achille. Sappiamo quanta debolezza si è venuta a determinare con le risorse destinate prevalentemente alle strutture ospedaliere».

«La Consulta doveva consentire il dialogo tra professionisti della Salute, Ministero e Regioni sull’organizzazione sanitaria e modelli di assistenza. È la partita più importante», sottolinea Alberto Spanò, componente del Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Biologi.

L’importanza del lavoro multidisciplinare

Ha provato a fare una sintesi delle diverse posizioni la dirigente del Ministero della Salute Cristina Rinaldi che ha svolto una riflessione sul lavoro multidisciplinare: «La capacità di poter lavorare e saper lavorare in modo interdisciplinare deve caratterizzare tutte le professioni. Il sistema sanitario è un sistema complesso. La pandemia ha nel bene e nel male messo in evidenza la consapevolezza del lavoro multidisciplinare: saper lavorare con gli altri per uno scopo comune, per una finalità principale che è il benessere del cittadino paziente. Quello che deve emergere è che da adesso si riparte perché dopo le pandemie c’è sempre un rilancio. Nel codice deontologico di ciascuna professione sanitaria emerge che ogni professionista deve saper lavorare con gli altri. L’interdisciplinarietà viene fuori sul campo. Dalla pandemia dobbiamo imparare che bisognerà affinare alcune capacità e saper lavorare meglio con gli altri. Il Ministero in questo periodo ha avuto modo di confrontarsi con tutte le professioni e ha tentato di promuovere e sviluppare la capacità di lavorare in sinergia ed è sempre disponibile ad un confronto che possa alimentare questa esigenza di lavorare in sinergia».

Recovery Plan bocciato: «Nove miliardi per la Sanità non bastano»

Sulle risorse è stato un coro unanime nella bocciatura dei nove miliardi previsti nella bozza del Recovery Plan. «Potenziare l’assistenza domiciliare e di prossimità significa assicurare le risorse economiche. Nove miliardi sono insufficienti, ne servono almeno il triplo, cioè 25-30 miliardi. Dove andare a prendere questi soldi non è di nostra competenza, ma quelli disponibili non sono sufficienti», sottolinea Alessandro Beux, Presidente del maxi Ordine delle 19 professioni sanitarie, a cui fa eco David Lazzari, Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi: «Il sistema è complesso e anziché tanti contenitori che erogano prestazioni come adesso servono reti interconnesse. Serve un cambiamento anche di cultura oltre che di risorse economiche. Siamo rimasti tutti un po’ stupiti dalla bozza. Da decine e decine di miliardi a nove miliardi, cifre insufficienti. Spero che il governo chiarisca in che altro modo avviare il tipo di rilancio del sistema e spero che non avvenga a pezzetti ma in una visione d’insieme».

Rilancia il tema del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) Guido Giustetto della FNOMCeO: «Due mesi fa abbiamo fatto un appello al governo perché si decidesse a richiedere i 36 miliardi del MES. L’unica possibilità che possiamo vedere per riorganizzare assistenza sanitarie è che ci sia una quota di investimenti che non siano solo i nove miliardi del Recovery. Se anche si riuscisse ad aumentare la quota nel Next Generation in ogni caso temo che non si possa salire poi molto».

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