L’esordio su Rai3 per il nuovo programma “I ragazzi del Bambino Gesu'” ha registrato ottimi ascolti. Da domenica 19 febbraio per 10 settimane le storie vere di dieci giovani pazienti dell’ospedale pediatrico. L’autrice Simona Ercolani: «Storie che ci insegnano la speranza, un antidoto per combattere ‘fake news’ e psicosi vaccini»
Raccontare la realtà. Raccontare i medici, le famiglie, i pazienti la malattia, la morte. Raccontare la scienza e quello che può fare. Raccontarlo su un canale tv popolare come RaiTre e in una fascia oraria seguita come quella della domenica sera. Una scelta densa di significati quella fatta per la docu-serie ‘I ragazzi del Bambino Gesù’ in un tempo in cui scienza, medicina e salute finiscono spesso nel gorgo delle “fake news“, le “false notizie” che alimentano miti e psicosi come quelle contro i vaccini.
Una scommessa vincente, a giudicare dai primi ascolti, questo viaggio nelle corsie e nelle stanze dell’Ospedale Bambino Gesù che ogni anno accoglie più di 100mila pazienti. I riflettori accessi sul coraggio dei piccoli malati che ogni giorno affrontano speranze e paure. Le sfide quotidiane di chi deve fare i conti con una realtà troppo dura da sopportare soprattutto in tenera età. Tutto questo nel documentario ideato da Simona Ercolani ‘I ragazzi del Bambino Gesù’ prodotto da Stand by me che accompagnerà il pubblico di RaiTre da domenica 19 febbraio ogni domenica per dieci puntate. Per la prima volta l’Ospedale Pediatrico romano apre le porte per mostrare la quotidianità di dieci giovani affetti da una grave malattia, delle loro famiglie, dello staff medico, di un intenso e autentico viaggio alla ricerca della guarigione.
«Amore, empatia, emozioni e scienza» racconta Simona Ercolani, regista e autrice televisiva produttrice del programma patrocinato dal Ministero della Salute e dall’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza: «Abbiamo cercato di entrare con i nostri occhi all’interno di una realtà dove razionalità ed emozione trovano l’unione perfetta – prosegue -. In questo racconto oltre le storie dei ragazzi c’è il racconto dell’ambiente in cui questi giovani pazienti vivono, credo sia una verità da raccontare e su cui soffermarsi».
«Quando entra una persona malata in ospedale non entra un malato ma una persona. Un individuo è molto complesso, è fatto di tanti elementi, la malattia è solo una parte di tutto questo, la persona non è la malattia. Questo messaggio abbiamo cercato di trasmetterlo al pubblico e a me in prima persona mi ha aperto il cuore e anche gli occhi. Questo programma mi ha permesso di avere uno scambio continuo con lo staff medico e con lo staff del documentario e soprattutto con i pazienti, sono stati proprio loro a guidarci durante le riprese indicandoci il percorso da seguire».
Roberto, Klizia, Annachiara, Flavio, Giulia, Caterina, Sabrina, Simone Alessia e Sara, dietro questi nomi la lotta contro una drammatica diagnosi: l’incontro con la malattia, il ricovero, la degenza, la paura e la determinazione. Una quotidianità condivisa e vissuta insieme ai medici di cinque reparti coinvolti nel progetto, insieme agli infermieri e alle associazioni volontarie che si dedicano costantemente ai pazienti.
«Un progetto sicuramente importante che ha al centro prima di tutto il paziente» dichiara Alice Bertaina, Responsabile di Oncoematologia pediatrica Ospedale Bambino Gesù. «Questo documento sottolinea l’importanza delle cure del bambino a 360 gradi intese come le migliori cure mediche che possiamo offrire, ma anche le cure intese come accoglienza e attenzione ai bisogni più semplici del bambino. È un documento importante che mostra le foto di una realtà che spesso non è conosciuta finché una famiglia non si trova ad affrontarla direttamente. Il documentario porta un messaggio molto positivo – prosegue la dottoressa Bertaina – un messaggio di solidarietà che deve arrivare a tutto il pubblico».
«Io credo che sia fondamentale in questo campo fare un’informazione corretta – prosegue la Bertaina – nel documentario viene mostrata anche l’attività quotidiana di noi medici che in realtà facciamo semplicemente il nostro lavoro, quindi è la nostra attività quotidiana che verrà mostrata all’esterno ed è emotivamente difficile anche per noi vederci da fuori. Questo programma è importante per spiegare realmente cosa succede negli ospedali e nelle realtà come questa. Io credo sia significativo mostrare il percorso di un paziente che riceve questa diagnosi insieme ad una famiglia la cui vita viene letteralmente sconvolta da una realtà che non conosce. Questo punto di vista può essere utile a molti».
Al termine di ogni puntata, sui social dell’Ospedale Bambino Gesù un pediatra e uno specialista risponderanno in diretta alle domande del pubblico sulle questioni sanitarie emerse dal racconto.