Le priorità secondo la Federazione: intervenire sull’aziendalizzazione delle strutture sanitarie, rivedere il sistema di finanziamento del SSN, modificare la politica del personale
«L’utilizzo delle risorse del Recovery fund o del MES per la sanità deve partire da scelte coraggiose capaci di un grande impatto attraverso una vera riforma del SSN, e non dalle attuali ipotesi di interventi per “silos” che vedono 20 progetti spartirsi una enorme torta di 68 miliardi senza un vero progetto d’insieme in grado di armonizzare le varie forme di assistenza (ospedale, territorio, emergenza)». É questo il giudizio di CIMO-FESMED sul documento del Ministero della Salute, anticipato dalla stampa, che raccoglie i progetti da proporre nell’ambito delle risorse europee attivabili a seguito dell’emergenza sanitaria.
L’analisi critica della Federazione CIMO-FESMED evidenzia «notevoli perplessità sul ricorso a progetti che, analogamente agli interventi adottati nella fase post-emergenza Covid, non hanno dimostrato alcuna visione strategica, non risolvono i vecchi problemi e anzi aggravano ulteriormente il debito pubblico, mettendo a rischio la sostenibilità del SSN».
Per CIMO-FESMED, la definizione degli standard della rete territoriale proposta nel documento del Ministero non ha senso se si conferma l’attuale rapporto di 3,7 posti letto per mille abitanti. «Se si intendono per consolidati – dichiara il Presidente Guido Quici – i tagli dell’ultimo decennio del 38,6% dei posti letto (-120.000 pl), se si prevedono 7.725 nuovi posti letto di terapia intensiva e sub intensiva senza medici specialisti, se continua a regnare la confusione tra reparti Covid e non Covid, il sistema salute “salta” definitivamente sia a livello ospedaliero che territoriale a prescindere dalle case di comunità (5 mld), dalla casa digitale (2,5 mld), dagli interventi green (2,5 mld), dalla migrazione e accesso alle cure (3 mld.)».
«L’esperienza Covid ha insegnato – aggiunge – che occorre ridisegnare la rete ospedaliera, che occorre un riequilibrio all’interno di ciascun ospedale per evitare che le patologie “non Covid” siano trattate con minor impegno, che occorre garantire maggiore flessibilità organizzativa delle strutture ospedaliere e tutto questo non è presente in nessuno dei 20 progetti».
«Inoltre, ha anche poco senso la proposta di impiego di 700 milioni per lo sviluppo e innovazione del sistema di emergenza indirizzato esclusivamente alle Centrali Operative e alla gestione dei flussi informativi e di monitoraggio senza una vera riorganizzazione del sistema che veda, come priorità politica l’istituzione di un 4° livello di assistenza, quello dell’emergenza, e la definizione di una rete unica ed un ruolo unico del personale medico. É comunque condivisibile il capitolo sul finanziamento per l’edilizia sanitaria e l’ospedale sicuro, a condizione che le opere di ristrutturazione edilizia siano funzionali anche alla prevenzione per eventi catastrofici come i terremoti. Ma a questo Paese non servono né cattedrali, né opere inutili», commenta Quici.
Piuttosto, CIMO-FESMED ritiene che sia necessario:
«In sintesi – chiosa la nota -, se anche alcuni progetti offrono spunti interessanti ma decisamente parziali, altri sono pure costruzioni demagogiche, altri presuppongono un cambiamento che risulterà sterile perché non accompagnato da un contestuale processo di riforma del sistema sanitario nazionale e a una rivisitazione – per la gestione sanitaria – delle autonomie regionali».
«Per non parlare del fatto – conclude il Presidente CIMO-FESMED – che il vero escluso dalle proposte del Ministero è l’ospedale ed i suoi professionisti, ad iniziare dai medici».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato