Approvata in Consiglio dei Ministri la riforma al testo unico del Pubblico Impiego. Voci contrastanti dai sindacati che erano scesi in piazza. Cosmed: «Scongiurato il sequestro di risorse contrattuali vigenti». Ma le altre sigle: «Non basta modifica dell’ultim’ora»
La scorsa settimana il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera al decreto che riforma il Testo unico del pubblico impiego. Ora il provvedimento inizierà in Aula il suo iter per l’approvazione definitiva. Premialità, azioni disciplinari, trasparenza di gestione e tante altre le novità introdotte dal Testo. Tra queste, meritano un capitolo a parte, le misure relative ai fondi aziendali accessori (previsti dall’articolo 23, Comma 1 e 2) che hanno generato non pochi malumori sfociati poi nella protesta dei medici scesi in piazza nei giorni scorsi.
Tuttavia, secondo alcune sigle, il nuovo Testo, con le ultime modifiche, farebbe sperare in una possibile tutela della retribuzione individuale di anzianità, la cosiddetta RIA, che apre uno spiraglio decisivo per i camici bianchi: si parla di un possibile sblocco di un fondo che vale circa 113 milioni di euro (come riferito da Quotidiano Sanità).
Eppure i camici bianchi rimangono ancora scettici e dichiarano di essere pronti a barricate e sit-in per opporsi all’ennesimo «scippo alle retribuzioni – come lo definisce il Segretario Nazionale Anaao Assomed, Costantino Troise sul Sole 24 Ore Sanità -. Nel caso non venisse modificato il Comma 2 dell’articolo 23 del testo di riforma, siamo pronti ad ulteriori azioni di protesta» ci tiene a precisare.
«Il Comma 2 dell’art. 23, dopo anni di decurtazione continua – spiega in una nota l’intersindacale – che ha sottratto al tavolo contrattuale risorse per 650 milioni di euro, di fatto taglia i fondi aziendali accessori. Questi fondi sono necessari per la valorizzazione del merito, per la costruzione delle carriere e per la remunerazione delle attività disagiate».
Leggermente più positivo il commento della COSMED (Confederazione Medici e Dirigenti): «Nulla è consolidato, ma è altrettanto vero che nulla è perduto dopo questo primo tempo. Gli sforzi per far luce sulle conseguenze dello scippo, le manifestazioni, le numerose audizioni parlamentari, gli emendamenti e l’attività mediatica hanno prodotto dei risultati politicamente evidenti. Di fatto è stato possibile ritornare a trattare con la parte politica dopo che per anni il dialogo si era fermato».
Inoltre le modifiche al Testo unico prevedono l’istituzione di un’area contrattuale per la dirigenza del ruolo sanitario, un anno di proroga per le scadenze per l’assunzione di nuovo personale del SSN alla luce dell’entrata in vigore del nuovo orario di lavoro europeo e infine, nuove finestre di assunzione per i precari. Previsto infatti un piano che regolarizzi, tra il 2018 e il 2020, la stabilità occupazionale che le associazioni di categoria reclamano. Eppure stabilizzazione del precariato e nuove assunzioni, erano già state promesse dalle Leggi di Bilancio tempo fa, ma allo stato attuale è evidente che le promesse ancora non sono state mantenute. La ragione, secondo i sindacati scesi in piazza, è da ricercare nei «contrasti tra i vari ministeri e le Regioni sulle modalità di calcolo del fabbisogno».
Dure critiche anche dal fronte Aaroi Emac che per voce del Presidente Nazionale Alessandro Vergallo dichiara: «Non abbiamo alcuna intenzione di accontentarci a fronte di quella che consideriamo un’apertura di facciata. Non c’è stata una reale volontà di ascoltare le nostre ragioni, siamo convinti che le minime modifiche al testo originario di Riforma del Pubblico Impiego siano solo un tentativo di fermare la protesta».
A fare eco ad Aaroi Emac anche Cimo, il Sindacato dei Medici sostiene fermamente che «per questa strada si segano le gambe del tavolo contrattuale e si avvelenano i pozzi, rischiando di affogare in culla un contratto nello stesso momento in cui si dichiara di volerlo aprire».
Molto critica anche la Fvm, la Federazione Veterinari e Medici, che raggruppa il sindacato medico Smi e quello veterinario Sivemp. La Federazione esprime la convinzione che la riforma abbia «de-finanziato i contratti, aumentato il precariato, ridotto l’erogazione dei Lea, aumentato i carichi di lavoro di chi è rimasto in servizio, impedito a migliaia di giovani medici, veterinari e sanitari di entrare nel mondo del lavoro pubblico, nella sanità pubblica. Una sanità che vede le sue funzioni sempre più spesso esternalizzate – ha specificato la Fvm che propone – un testo unico del pubblico impiego che ripristini condizioni di retribuzione adeguate per i dipendenti pubblici cui è affidata la mission fondamentale che ancora pochi giorni fa il Presidente del Consiglio pro-tempore Gentiloni riconosceva al Ssn».
Infine, il nuovo testo unico rivoluziona letteralmente le visite fiscali: dai primi di settembre arriva il polo unico Inps e gli accertamenti medico-legali sulle assenze dal lavoro per malattia dei dipendenti pubblici passano in via esclusiva dall’Istituto.
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