Occupati al 76%, con sei punti in più rispetto al 2017. Si mantengono alcune differenze tra gli atenei del nord e quelli del sud. L’incremento più importante va all’area Tecnica. I liberi professionisti la categoria più gratificata
Torna ad aumentare l’occupazione per le Professioni sanitarie. Sugli oltre 18 mila laureati di primo livello del 2018 si arriva a un tasso di occupati del 76,2% rispetto al 70,3% dell’anno precedente. A evidenziarlo è il XXII rapporto annuale del Consorzio Interuniversitario AlmaLaurea di Bologna, redatto su tutte le 16 aree disciplinari e i 41 atenei sedi di facoltà di Medicina e Chirurgia.
Le professioni sanitarie mantengono saldo il loro primo posto per occupazione nei vari gruppi disciplinari. La diminuzione si rileva solo con un confronto rispetto a 12 anni fa, quando il tasso era all’87%. È l’area Tecnica che rileva l’incremento più importante, +8,8%, registrando un’importante ripresa rispetto agli anni precedenti. A seguire l’area Infermieristica e Ostetrica, che passa dal 71,1% al 77,5%. Un +2,4% registrato anche per l’area della Riabilitazione, mentre resta fanalino di coda l’area Prevenzione, che sale al 54,4% con un aumento dello 0,3.
Si mantiene una differenza geografica pressoché costante nel tempo. Nelle 17 università del nord il tasso medio di occupati tocca l’84%, con Milano al primo posto nazionale (89%). Negli 8 atenei del centro si scende al 73% e nelle 14 del sud al 66%. Tra le professioni più attrattive per i nuovi iscritti si conferma al primo posto Fisioterapia, seguita da Logopedia, Dietistica e Ostetricia.
La laurea triennale per le professioni sanitari resta ad oggi la più spendibile, grazie alla facilità di inserimento nel mondo del lavoro. Lo dimostra il fatto che solo il 3,6% dei laureati è iscritto anche a un corso di magistrale. Oltre il 97% dei laureati conferma l’efficacia del titolo triennale per l’attività lavorativa.
Tra le 22 professioni sanitarie è il Tecnico Ortopedico che detiene il primo posto per tasso di occupazione, sfiorando il 91%. A seguire Logopedista con 88,4%; Igienista Dentale 88,1%; Fisioterapista 85,8%; e Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’età evolutiva con l’83,8%, che lo scorso anno era al primo posto.
Numeri che favoriscono una riflessione sulla differenza tra le discipline esercitabili come liberi professionisti e quelle che richiedono un impiego come dipendenti, sia pubblici che privati. Ai primi cinque posti si confermano i mestieri “autonomi”, mentre gli ultimi sono occupati da professioni che hanno subito fortemente il blocco delle assunzioni nel pubblico impiego, piaga degli anni scorsi. Tra questi: Ostetriche con 53,9%; Tecnici di Audiometria con il 53,3%; Tecnici della Prevenzione con 53,2%; Tecnici di Laboratorio al 46,3% e a chiudere Tecnici di Fisiopatologia cardiocircolatoria con il 40%, che mantengono l’ultimo posto da cinque anni.
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Infermieri e tecnici di laboratorio, che per l’alta numerosità degli abilitati mantengono un tasso più basso rispetto alle attese. I primi al 79,3% con un aumento nel 2018 di sei punti percentuali, i secondi al 46% con 11 punti in più. Entrambe le situazioni si mostrano in netto miglioramento, anche se lo status quo è ancora lontano dal quadro di 10 anni fa quando l’occupazione era quasi totale. Va tenuto conto, si ricorda nel report, che ci sono 435 mila infermieri abilitati e perciò il calcolo fatto su di loro pesa moltissimo sulla cifra finale. Il miglioramento più importante lo fa Tecnico di Radiologia, che dal 55,6% passa al 67%, 11 punti percentuali in più che gli permettono di scalare la classifica di ben tre posizioni.
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