Lo studio dell’Altems ha incrociato due dati fondamentali: l’assunzione di nuovo personale in tutte le 21 Regioni e Province Autonome italiane e il volume di interventi chirurgici erogati (extra Covid) durante il primo lockdown. Ecco i risultati
Solo se il nuovo personale assunto è specializzato anti Covid-19 la Regione è “resiliente”. È questo il risultato di un recente report dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica della Facoltà di Economia, campus di Roma (ALTEMS).
«Il termine “resiliente” – spiega Americo Cicchetti, professore ordinario di Organizzazione Aziendale presso la Facoltà di Economia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – indica la capacità di un sistema di rispondere agli shock esterni. Nella nostra analisi il sistema è rappresentato dal Servizio Sanitario Regionale (SSR) e lo shock dalla pandemia da Covid-19».
Lo studio ha incrociato due dati fondamentali: l’assunzione di nuovo personale in tutte le 21 Regioni e Province Autonome italiane e il volume di interventi chirurgici erogati (extra Covid) durante il primo lockdown.
«A seconda dei risultati ottenuti – continua Cicchetti – le Regioni sono state divise in quattro categorie: resilienti, fragili, late responder e inerti. Le Regioni resilienti sono quelle che hanno mantenuto quasi invariato il numero di interventi, fragili quelle realtà che hanno interrotto le prestazioni a causa di un numero troppo elevato di contagi da Covid-19, late responder i territori che pur avendo interrotto le attività durante il lockdown hanno successivamente recuperato in tempi brevi, inerti le Regioni che hanno mantenuto livelli bassissimi di interventi chirurgici senza una successiva ed adeguata riprogrammazione».
«Se consideriamo i giorni di sospensione per l’attività chirurgica e i volumi di prestazioni “perse”, due delle tre regioni “resilienti” (Veneto +584, Lazio +282) hanno notevolmente incrementato il personale medico, mentre solo per una delle Regioni “fragili” (Lombardia +516) si registra un notevole incremento di personale medico. Ovviamente, la situazione lombarda si differenzia da tutte le altre per il numero altissimo di contagi registrato nel periodo di riferimento del Report».
«Sia le regioni “late responder” (Sicilia +101), che “inerti” (Piemonte +163) – sottolinea il professore – si caratterizzano, invece, per un incremento minore del personale medico se comparato con quello del Lazio e del Veneto. Se consideriamo, invece, il rapporto tra giornate di sospensione per le attività ambulatoriali e prestazioni “perse” – continua Cicchetti – le Regioni “resilienti” (Lombardia +847, Veneto +733, Lazio +381) sembrerebbero essere caratterizzate da un incremento maggiore del personale medico se comparato con quello delle “late responder” (Piemonte +345, Sicilia +133, Sardegna +146)».
Analizzando, poi, il comportamento delle singole Regioni in termini di assunzioni di nuovo personale è emerso il dato più interessante: «Le Regioni risultate “resilienti” hanno tutte effettuato assunzioni mirate, scegliendo personale anti Covid-19 – aggiunge Cicchetti -. Si tratta di figure professionali direttamente coinvolte nell’emergenza, specializzati in: anestesia e rianimazione, malattie dell’apparato respiratorio, medicina e accettazione d’urgenza, medicina interna, malattie infettive, microbiologia e virologia, sanità pubblica. Hanno assunto prevalentemente personale con queste specializzazioni il Veneto (57%) e il Lazio (79%). Tra le regioni “fragili” non si registra un orientamento prevalente, mentre le Regioni “late responder” (PA Trento 0%, Umbria 35%) e “inerti” (Molise 30%, Piemonte 40%, Valle d’Aosta 0%) hanno assunto in prevalenza personale no Covid».
I dati della seconda e terza ondata non sono ancora disponibili, ma secondo il professor Cicchetti ipotizzare uno scenario è possibile. «La lieve saturazione dei posti letto a cui abbiamo assistito durante la seconda ondata, dell’autunno appena trascorso, ci fa ipotizzare risultati simili a quelli raccolti durante il primo lockdown. Per la terza ondata, invece, ci si aspettano dei miglioramenti tra le Regioni che hanno registrato i dati peggiori. Ma al di là dei risultati che otterremo analizzando la fine del 2020 e l’inizio del 2021, ciò che conta è fare tesoro dei dati di cui abbiamo già certezza, soprattutto nell’attuazione del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) – conclude -, un’occasione fondamentale per il rilancio del Sistema Sanitario italiano».
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