Scopriamo quali sono le responsabilità – e i rischi connessi – per i professionisti della salute nell’utilizzo di apparecchiature elettromedicali difettose.
Immaginiamo un paio di casi critici – verificatisi in realtà anni addietro – che coinvolgano i medici nell’utilizzo di apparecchiature elettromedicali difettose. Il primo caso sia quello di un defibrillatore scarico, in uso su un’autoambulanza, il quale – non controllato dall’operatore – non consenta l’impedimento di un arresto cardiaco in corso. Supponiamo poi il caso di un anestesista il quale, per negligenza, non verifichi il mancato buon funzionamento dei macchinari durante un intervento chirurgico, provocando così il risveglio anticipato del paziente. Si tratta, in ambedue gli esempi, di casi paradigmatici dove entra in gioco la responsabilità civile e penale del medico, le cui sfumature è bene approfondire di seguito.
Il primo episodio sommariamente tratteggiato propone il caso di un apparecchio elettromedicale non funzionante esclusivamente per una mancata manutenzione. Il defibrillatore, infatti, risulta semplicemente avere le batterie scariche: nessun difetto di fabbricazione è infatti riscontrabile nell’apparecchiatura.
Ora, la legislazione attualmente in vigore prevede espressamente che la struttura sanitaria di riferimento – in questo caso l’ASL competente, se l’ambulanza è di Pronto Soccorso – sia investita dell’obbligo di verificare la conformità degli apparecchi elettromedicali e di provvedere alla loro costante manutenzione. Nello specifico, a definire tali doveri è innanzitutto l’Art.71, “Obblighi del datore di lavoro”, del Decreto Legislativo 81/2008. Inoltre, con l’Art.73, “Informazione, formazione e addestramento”, si precisa che “[…] il datore di lavoro provvede, affinché per ogni attrezzatura di lavoro messa a disposizione, i lavoratori incaricati dell’uso dispongano di ogni necessaria informazione e istruzione e ricevano una formazione e un addestramento adeguati, in rapporto alla sicurezza relativamente:
a) alle condizioni di impiego delle attrezzature;
b) alle situazioni anormali prevedibili.”
A rafforzare il concetto provvede anche la Raccomandazione 9/2009 del Ministero della Salute, dedicata proprio alla prevenzione degli eventi avversi conseguenti al malfunzionamento dei dispositivi medici e degli apparecchi elettromedicali. In essa si precisa che le strutture sanitarie debbano manutenere in modo programmato tutte le apparecchiature elettromedicali, proprio al fine di prevenire gli eventi avversi, riconducibili al loro malfunzionamento. Lo stesso concetto è peraltro ribadito nel Decreto 70/2015, “Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera” del Ministero della Salute.
Se quindi è ravvisabile una responsabilità in primis della struttura sanitaria, ciò non esclude, ovviamente, che non vi sia – da parte dell’operatore preposto direttamente all’utilizzo dell’apparecchiatura – una chiamata in correità, quantomeno per negligenza. Il medico che utilizza l’apparecchiatura elettromedicale ha infatti il compito di verificarne, ad inizio turno, il corretto funzionamento, ed ogni eventuale anomalia va immediatamente annotata per scritto e comunicata ai propri responsabili.
Ma torniamo ai nostri esempi iniziali, e chiediamoci quindi quali sono i rischi che può correre il medico operatore nei casi citati.
Se il defibrillatore ha le batterie scariche, e non v’è stata alcuna annotazione né comunicazione del fatto da parte del medico preposto al suo utilizzo ai propri responsabili, è indubbio che – in caso di evento avverso – si giunga ad una condanna per omicidio colposo e ad una probabile ingente richiesta di risarcimento danni. Lo stesso dicasi per il caso dell’anestesista negligente.
Diverso sarebbe il caso in cui, nonostante il minuzioso rispetto dei protocolli di verifica da parte del medico operatore, il dispositivo elettromedicale smetta improvvisamente di funzionare bene, procurando, nel primo caso un decesso e, nel secondo, il risveglio anticipato del paziente.
Ad essere chiamata in causa, in una situazione simile, è necessariamente l’azienda costruttrice dell’apparecchiatura, la quale è tenuta a rispondere per l’improvviso malfunzionamento del dispositivo. Il danno da responsabilità civile (ed eventualmente penale) si sposta dal professionista (negligente) al prodotto (difettoso).
È indubbio però che casi del genere, quelli in cui cioè un’apparecchiatura elettromedicale d’improvviso faccia brutti scherzi, sono piuttosto rari: purtroppo ad essere più frequenti sono gli errori umani, che possono portare, come visto, anche a conseguenze decisamente spiacevoli. Si rivela pertanto necessario dotarsi di una adeguata copertura assicurativa di responsabilità civile professionale e di tutela legale, magari strutturando una polizza personalizzata.