Ai microfoni di Sanità Informazione il Presidente Facente Funzione dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali spiega quali sono le possibili soluzioni per ridurre un contenzioso che riguarda circa 300mila cause all’anno: «Bene l’arbitrato della salute, ma rivedere anche applicazione del patto quota lite»
Se il 95% delle azioni legali che vengono intentate contro i medici risulta favorevole a questi ultimi, è necessario fare qualcosa per limitare il fenomeno. In particolare, per il Presidente Facente Funzione di Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) Stefano de Lillo è fondamentale puntare sulla formazione continua del personale sanitario. Un medico più formato ha infatti molte più possibilità di uscire indenne anche dalle cause più temerarie: «L’Agenas – spiega infatti il Presidente De Lillo ai nostri microfoni – punta molto sulla formazione continua: è un cardine della sanità», così come «le linee guida e le buone pratiche».
Presidente, l’enorme numero di contenziosi che coinvolgono i medici, circa 300mila nei tribunali italiani, necessita di una soluzione. L’idea lanciata è quella di un “arbitrato della salute”, in cui poter conciliare tutte le parti in causa e riuscire, in questo modo, a diminuire il numero delle cause. Lei come la valuta?
«La valuto assolutamente bene. Questo tipo di arbitrato può essere uno strumento essenziale di conciliazione a cui rivolgersi anche alla luce dei dati presentati oggi, ovvero quel 95% di cause intentate contro i medici che poi risultano essere costruite su basi infondate. Avere un luogo in cui si riesca ad arrivare celermente ad una sintesi è una buona cosa per tutti: dà sicurezza al paziente e tranquillità al professionista medico, permettendo al contempo di non spendere energie e soldi in assicurazioni e avvocati».
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Ecco, lei è Presidente Facente Funzione di Agenas. La formazione ha un ruolo chiave in questo senso perché un medico formato è anche più preparato a rispondere ai rischi clinici. Voi continuerete a favorire la formazione continua?
«Certo, l’Agenas è cresciuta molto in questi anni, partendo proprio dalla formazione continua. È un cardine della sanità, della formazione del medico e di tutti i professionisti sanitari. In particolare, un medico formato ha senza dubbio un rischio minore di cadere in errori. Accanto a questo noi ci occupiamo, insieme all’Istituto Superiore di Sanità, di aiutare le società scientifiche a seguire le linee guida promosse dalle società stesse, le buone pratiche che ci aiutano a diminuire sempre di più il rischio».
Un’ultima domanda sull’aumento delle cause che si è registrato nell’ultimo periodo. Nel suo intervento ha fatto riferimento al patto quota lite, che ha aumentato ancora di più il numero di queste cause temerarie, che nel 95% dei casi finiscono in un nulla di fatto.
«Questa è una mia riflessione personale ma che anche nel dibattito è emersa in modo palese. Dopo il decreto Bersani sulle liberalizzazioni è nato questo patto di quota lite che permette a chi fa causa di pagare l’avvocato solo in caso di successo. Questo principio può dar vita ad un sistema virtuoso, ma evidentemente così non è se guardiamo ai numeri relativi al campo della sanità. Questo principio ha generato un meccanismo secondo il quale studi legali, forse eticamente non estremamente corretti, intentano cause che hanno vari effetti: intasare le aule giudiziarie; far crescere i costi e i tempi della giustizia italiana, che già sono molto alti; determinare una medicina difensiva che ha un costo per il Ssn stimato in circa 10 miliardi di euro, quindi una cifra altissima. Ecco, alla luce di quel 95% di azioni non sensate penso sia opportuno rivedere questa possibilità, anche solo nell’ambito della sanità e delle cause di responsabilità professionale penale».