Ospite d’onore del forum Health & Science Bridge del Centro Studi Americani, il ministro della Ricerca sottolinea: «In Italia si parla troppo poco di ricerca, ma ora l’approccio sta cambiando. Fondamentale la multidisciplinarietà»
Multidisciplinarietà e avvicinamento tra mondo della ricerca e mondo del lavoro. Sono questi i due imperativi tracciati dal ministro della Ricerca Gaetano Manfredi che ha partecipato, insieme a tanti illustri scienziati provenienti anche dall’estero, al forum Health & Science Bridge del Centro Studi Americani di Roma, un ciclo di eventi sulla sanità coordinati dall’ex ministro della Salute Beatrice Lorenzin.
«L’isolamento del coronavirus è un caso paradigmatico del sentimento degli italiani verso la ricerca. Se ne parla troppo poco. Poi improvvisamente nella sensibilità collettiva c’è la paura del contagio e chi riesce a isolare questo virus diventa un eroe nazionale. Prima pagina di tutti i giornali» sottolinea Manfredi, per il quale invece di ricerca si dovrebbe parlare sempre perché riguarda la vita di ciascuno di noi. «L’aria sta cambiando – evidenza il Ministro -. Il mondo politico ha iniziato a capire che la ricerca rappresenta un pezzo importante della vita di tutti. Ricerca e formazione universitaria hanno un ruolo estremamente importante. Il cambiamento tecnologico che stiamo vivendo è un cambiamento che nella storia dell’uomo non è mai avvenuto».
Nel giorno in cui il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha annunciato un piano per l’assunzione di 10mila ricercatori in cinque anni, Manfredi sottolinea a Sanità Informazione che «un sistema sano ha un numero di opportunità commisurato alle persone che vi aspirano, quindi un numero di concorsi che sia adeguato, regolare, continuo e certo. E poi che questi concorsi siano meritocratici. Queste sono le due aspirazioni che dobbiamo mettere in campo».
Secondo Manfredi «sta cambiando anche l’approccio alla ricerca: affrontiamo problemi sempre più complessi ma le risposte richieste devono essere sempre più veloci. Il tema della multidisciplinarietà ci chiede di cambiare i nostri modelli organizzativi, che ora sono basati su divisioni disciplinari. Non dobbiamo perdere la specializzazione, ma dobbiamo avere dei modelli organizzativi in cui i professionisti siano in grado di lavorare insieme. Dobbiamo dotare tutti di abilità digitali. Ci sono abilità trasversali che devono diventare diffuse. È una grande sfida per l’università».
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Per il ministro della Ricerca, che è stato anche presidente della Conferenza dei Rettori, il tema della riforma del numero chiuso per l’accesso alla Facoltà di Medicina è un tema da affrontare con cautela. «Il problema va affrontato con grande prudenza e attenzione perché il numero di giovani che aspira a fare Medicina è superiore alle percentuali europee. In Italia ci sono 70mila studenti su 300mila potenziali iscritti a Medicina, un numero enorme – spiega Manfredi -. Prima di cambiare dobbiamo aumentare il numero di posti in ingresso. Già l’anno scorso è stato fatto, io l’ho molto sostenuto come presidente della Conferenza dei Rettori e lo continuerò a fare quest’anno. Bisogna lavorare sull’orientamento per fare in modo che le persone che pensano di fare Medicina siano davvero motivate e abbiano le caratteristiche per entrare in questo meccanismo, e solo dopo riflettere su un nuovo sistema. Ma mi domando se è veramente meglio fare un anno comune e poi cambiare o è meglio saperlo subito se si è tagliati per quel lavoro».
Infine il grande tema del rapporto con il mondo dell’impresa per accorciare il “time to market”, cioè quanto ci mette una scoperta ad arrivare sul mercato. «Forse 20 o 30 anni fa ci potevamo permettere un decennio, oggi non ce lo possiamo permettere più. Dove si fa formazione e si cura nello stesso posto il time to market tende allo zero. Avvicinare mondo della ricerca e mondo del lavoro è un tema su cui ci dobbiamo confrontare».
A fare gli onori di casa l’ex ministro e parlamentare del Partito democratico Beatrice Lorenzin: «Oggi affrontiamo il tema della sostenibilità della ricerca come motore di sviluppo. Cerchiamo di capire dove sta andando la ricerca biomedica e come può essere un volano di sviluppo per l’economia italiana, e dall’altra parte come garantire le nuove scoperte in tema di salute ai pazienti italiani» sottolinea la Lorenzin, che difende il mondo dei ricercatori italiani: «Il panorama italiano è brillante nonostante tutto. Nei prossimi anni saremo di fronte a un bivio: o valorizziamo al massimo questo enorme patrimonio di conoscenza che abbiamo facendolo diventare una ‘industria della conoscenza’, oppure rischiamo di retrocedere. Queste sono scelte strategiche del Paese. Spesso non si comprendono perché riguardano tante persone ma il lavoro di queste poche persone cambia la vita a tutti».
Sul tema del precariato nel mondo della ricerca Lorenzin sottolinea che «la ricerca di per sé è una attività diversa rispetto a un lavoro normale, ma all’interno dei nostri Irccs è stata approvata la nostra piramide dei ricercatori, quindi bisogna valorizzare lo status del ricercatore anche economicamente. Altrimenti questi ricercatori vanno in altri Paesi dove vengono pagati molto di più. Oggi cercheremo di far capire a chi decide al Mef o altrove il valore strategico di questo settore dove noi siamo tra i primi. Nel milleproroghe c’è già un aumento delle assunzioni rispetto ai numeri della legge di Bilancio. Dobbiamo lavorare da un lato sulla formazione dei ricercatori, dalle borse di specializzazione alla valorizzazione degli strumenti dei nostri Istituti di ricerca, e dall’altro saperli premiare dal punto di vista economico».
«La ricerca significa personale, pagarlo bene, motivarlo, non necessariamente a tempo indeterminato ma stimolandolo a produrre» sottolinea infine Walter Ricciardi, presidente del Mission Board for Cancer dell’Unione europea, che ha presentato al Forum la sua attività in tema di lotta al cancro.
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