«La pandemia ci ha insegnato che è sbagliato accentrare tutta l’assistenza a livello ospedaliero», spiega la Senatrice M5S Maria Domenica Castellone che lancia una proposta: «I medici che lavorano da più di cinque anni in emergenza-urgenza passino dalla convenzione alla dipendenza»
I fischi del Congresso di Riva del Garda, destinati al Ddl di riforma del Sistema di emergenza sanitaria territoriale 118 depositato in Senato, hanno accesso improvvisamente un dibattito che nessuno si sarebbe aspettato così rovente. Da una parte alcune società scientifiche, come la Simeu, il sindacato Aaroi-Emac e realtà come la Croce Rossa. Dall’altra la FNOMCeO e la Sis 118, oltre alla principale fautrice di quella riforma, la Senatrice M5S Maria Domenica Castellone che, pur definendo «vergognosi» i fischi di Riva e lamentando il mancato invito al congresso che si è svolto in Trentino, si dice pronta a mettersi seduta a un tavolo per arrivare a una riforma attesa ormai da troppo tempo.
A Sanità Informazione, Castellone spiega: «Il presidente Aaroi-Emac Vergallo l’ho incontrato più di un anno fa, gli dissi che ero disposta a parlare, a raggiungere un compromesso. Poi non ci siamo più sentiti e non mi hanno invitato al Congresso. Anche io sono disposta a sedermi a un tavolo, però è anche vero che la discussione si sta svolgendo in Parlamento. Neanche si può pretendere di scavalcare il percorso democratico di una legge e imporre una linea».
Castellone non condivide l’impostazione di base dei firmatari della Carta di Riva del Garda, in particolare l’assunto che il 118 debba essere un’emanazione esclusiva della medicina ospedaliera: «Questo significherebbe che la pandemia non ci ha insegnato niente – spiega la senatrice campana -. Invece ci ha mostrato che concentrare tutta l’assistenza a livello ospedaliero, quando c’è un’emergenza come quella che abbiamo vissuto espone al rischio che gli ospedali si intasino. Nella riforma del territorio a cui stiamo lavorando, noi prevediamo di rafforzare sempre di più il territorio con l’istituzione di un dipartimento di emergenza territoriale, il che si tradurrebbe in una emergenza strutturata sul territorio».
Al momento l’emergenza territoriale, che vede molte differenze da regione a regione, è appannaggio dei medici in convenzione, inquadrati nell’accordo della medicina generale. Sul punto, arriva però un’importante apertura della Senatrice Castellone: «Al testo unico a cui stiamo lavorando abbiamo previsto che anche i medici specialisti possano essere parte integrante dell’emergenza-urgenza, stiamo cercando una mediazione. Stiamo aprendo anche un altro varco importante, cioè far sì che i medici che lavorano da più di cinque anni in emergenza-urgenza passino dalla convenzione alla dipendenza. Su questo stiamo cercando una mediazione con il sindacato della medicina generale, sarebbe un cambiamento importante».
Altro punto divisivo è la presenza di un numero sempre maggiore di mezzi di soccorso con soli infermieri a bordo. Un incremento necessario secondo i firmatari della Carta di Riva. Castellone, però, frena: «In parte siamo d’accordo, ma nella mia riforma prevediamo che almeno debba esserci un medico per l’emergenza territoriale ogni 60mila abitanti. Un minimo va garantito, meno di quello diventa rischioso. Nel codice rosso la presenza del medico fa la differenza tra la vita e la morte».
Castellone contesta la visione “lombarda” del 118, che secondo la senatrice vede «il 118 come una succursale del pronto soccorso». Poi spiega: «Questo non va bene perchè il 118 deve avere una sua autonomia organizzativa con personale strutturato e non solo volontari a gettone. Il parametro che più riflette il funzionamento dell’emergenza territoriale sono le morti per infarto acuto del miocardio. Se andiamo a vedere i morti, le province con la percentuale più bassa sono quattro province pugliesi e il modello che stiamo seguendo è quello dell’emergenza urgenza territoriale che vige in Puglia. Al contrario il più alto numero di decessi per infarto acuto del miocardio si registra in alcune province lombarde. C’è dunque un modello che funziona meglio».
La Senatrice M5S chiede inoltre che, dopo i tentativi fatti con i vari decreti che si sono susseguiti nel periodo Covid, con la prossima legge di Bilancio di destinino risorse per il personale 118: «Nei vari decreti ai quali abbiamo lavorato in Parlamento non si è mai parlato del 118, sono stati corrisposti bonus a tutti gli operatori tranne quelli del 118 che per altro sono quelli per cui non è previsto il rischio biologico, né sono considerati lavori usuranti. Noi ci abbiamo provato con vari emendamenti, ma c’è stato sempre parere negativo da Mef e Ministero della Salute. Questi operatori in pandemia si sono contagiati quasi tutti perché erano quelli più esposti. In Campania gli operatori del 118, nella prima fase dell’emergenza, eseguivano anche i tamponi a domicilio: non funzionando il tracciamento si mandavano le ambulanze a casa dei pazienti per fare i tamponi. Sono stati davvero i più esposti. Non avevano i dispositivi, dovevano lavorare con le borse della spazzatura ai piedi e lavorare per ore con la stessa tuta. Questo personale ha bisogno di essere valorizzato».
Infine, altro punto su cui differiscono le visioni tra i due fronti è quello del volontariato nel sistema 118: «Oggi il modello lombardo è basato soprattutto sui volontari – conclude Castellone -. Noi invece ribadiamo che la legge sugli enti del Terzo settore prevede che il 50% del personale che lavora per questi enti debba essere strutturato. Non capiamo perché le associazioni che fanno assistenza 118, nonostante siano enti del terzo settore, non rispettino questo parametro».
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