La delegata della Federazione europea dei medici salariati illustra il funzionamento dell’istituto della reperibilità nel resto d’Europa: in Slovenia c’è una soglia limite oltre la quale diventa guardia attiva; in Portogallo viene pagato il 50% delle ore anche se non si viene chiamati
Interruzione o sospensione, questo è il problema. Parliamo del diritto alle 11 ore di riposo dopo la reperibilità. Se quest’ultima viene attivata e il medico viene chiamato, dovrà interrompere le 11 ore di riposo e quindi poi ricominciare da capo, o sospenderle e dover proseguire il riposo in un secondo momento? È la domanda che si stanno ponendo professionisti, sindacati e network legali, soprattutto all’indomani della firma del nuovo contratto della dirigenza medica e sanitaria. Il testo prevede infatti che la chiamata in servizio sospenda le 11 ore di riposo e che le ore mancanti debbano essere recuperate immediatamente e consecutivamente dopo il servizio reso. Tuttavia nel caso in cui, per ragioni eccezionali, non sia possibile applicare questa disciplina, le ore di mancato riposo saranno fruite in un’unica soluzione nei successivi tre giorni. Ma cosa avviene negli altri Paesi europei?
«È da ammettere che fuori dall’Italia il recupero dopo la reperibilità è normato meglio, perché al termine del turno di reperibilità viene sempre garantito un recupero fisiologico di 24-48 ore», risponde a Sanità Informazione Alessandra Spedicato, delegata della Federazione europea dei medici salariati (Fems).
«Ma quello della reperibilità è un problema trasversale a tutti i Paesi europei, dove la situazione è paragonabile alla nostra – continua -. In alcuni Paesi, come l’Olanda, si può essere reperibili anche per 48 ore; però l’organizzazione del lavoro è diversa e basata sulla possibilità, per il dipendente, di concordare con l’azienda la deroga al riposo o al limite dell’orario settimanale. In altri Stati, come il Portogallo, la metà delle ore trascorse in reperibilità, che sia attivata o meno, viene calcolata come ore di lavoro. 12 ore di reperibilità notturna sono quindi sempre conteggiate come 6 ore di lavoro effettivo».
Un meccanismo, quello adottato dal Portogallo, che dà quindi una connotazione specifica alla reperibilità, sempre contata come lavoro. In Italia invece «c’è un limbo – commenta Spedicato -: se non è lavorata è riposo; se è lavorata è lavoro, straordinario o ore a recupero».
Tuttavia la soluzione portoghese non fa per il nostro Paese: «In Italia la reperibilità è generalmente sostitutiva – spiega la delegata Fems -. Significa che in ospedale non c’è lo specialista, e lo si chiama solo se ce n’è bisogno. È uno strumento utilizzato per far fronte alla carenza di personale. Quindi, considerando che l’Italia è il Paese dei furbetti, il sistema adottato dal Portogallo potrebbe portare le direzioni generali a mandare a casa tutti i medici la notte e pagarli la metà anche se lavorano più della metà delle ore di reperibilità. Quindi non credo che, per come è strutturato il nostro sistema, questa soluzione possa essere auspicabile».
Un altro modello è quello della Slovenia dove, in base a calcoli statistici, si stabilisce la soglia oltre la quale la reperibilità sostitutiva attivata deve essere considerata guardia attiva: «Questa è la vera soluzione – commenta Spedicato – che potrebbe essere auspicabile per l’Italia. È tuttavia necessario fare questi calcoli per ogni specialità. Un lavoro che non può essere fatto su due piedi in un contratto collettivo, ma si potrebbe fare a livello di contrattazione decentrata».
Ma a monte, il problema dell’interruzione o della sospensione del riposo rimane. «E l’unica istituzione che può rispondere a questa domanda è la Corte di Giustizia dell’Unione Europea – continua Alessandra Spedicato -. Per questo l’Anaao-Assomed la interpellerà presentando una domanda puntuale e fastidiosa, perché quella dell’interruzione o sospensione del riposo è una questione su cui la Corte si è tenuta sempre appositamente in bilico. È un’azione che non si può non fare e, finalmente, avremo una risposta scritta, ferma e sovranazionale, a cui l’Italia dovrà adeguarsi per non andare incontro ad una procedura di infrazione».
«Se la Corte sancirà che il riposo viene interrotto e non sospeso, si potrà finalmente mettere fine ai riposi ‘spezzatino’ che, come dimostrato da numerosi articoli scientifici pubblicati negli ultimi 20 anni, non danno ristoro», conclude.