Numero chiuso nella bufera. Gli studenti: «Rivedere il sistema, ce lo chiede l’Europa…»
Fogli macchiati, candidati che consegnano il compito con mezzora di ritardo, anonimato non garantito. Sono solo alcune delle numerosissime irregolarità che si sono verificate durante i test di ingresso alle facoltà di Medicina e Odontoiatria e segnalate allo sportello virtuale www.numerochiuso.info.
All’indomani della pubblicazione delle graduatorie definitive con l’assegnazione dei posti ai candidati, porte aperte alle iscrizioni, ma anche alle proteste. Si preannuncia anche quest’anno un’ondata di ricorsi. Già lanciati i primi, tanti altri ne sono in partenza. La patata bollente passa ora ai Tribunali, e il probabile accoglimento delle domande di ricorso, davanti all’evidenza di anomalie così eclatanti, decreterà l’ammissione in facoltà, chiaramente in sovrannumero, di tutti i candidati esclusi che avranno intentato l’azione.
Ma al di là delle irregolarità, è sempre più il concetto stesso di numero chiuso ad essere fortemente messo in discussione, in quanto non rappresenterebbe una soluzione reale al problema del sovrannumero. «Da un lato è vero che c’è un numero estremamente alto di studenti che cercano di entrare a Medicina – spiega Gianluca Scuccimarra, coordinatore nazionale dell’Unione degli Universitari (UDU) – e quello va calmierato non diminuendo il numero di posti bensì lavorando sui percorsi di orientamento, e dall’altra c’è una evidente carenza di risorse nel sistema universitario, che costringe ormai non più solo Medicina».
Gli fa eco il collega Alessio Portobello, dell’Esecutivo Nazionale UDU, tenendo presente che c’è una realtà, che chiede risposte adeguate in tal senso, impossibile da ignorare: l’Europa. «C’è una barriera all’accesso dei corsi di laurea in Medicina, ed è il caso di rivedere l’intero sistema e di spingere su una più ampia classe di giovani che oggi si laureano e si formano nel mondo medico alla luce di quello che ci chiede l’UE: abbiamo un obiettivo nell’Europa 2020 conclude Portobello – quello di avere almeno il 40% di giovani tra i 24 e i 34 anni laureati, ed oggi purtroppo l’Italia è ancora ferma al 27%».
E a proposito di Europa, tra gli studenti trova sempre più spazio l’idea di adottare un sistema alla francese: «Credo che sarebbe più giusto far entrare tutti i partecipanti – sostiene un ragazzo subito dopo aver affrontato il test – e dopo un anno chi non ha raggiunto gli obiettivi viene invitato a non proseguire».