Dopo la pandemia il settore sociosanitario ha dovuto fare i conti con la carenza del personale e per tamponare l’emorragia causata dalla fuga di medici, infermieri e Oss verso il settore pubblico, sono aumentati i professionisti stranieri. Infermieri dall’Albania, India e Oss dall’America Latina. Troppa burocrazia per il personale proveniente da altri paesi nel quale non esiste l’ordine professionale
Arrivano soprattutto da Albania e Perù, ma anche dal Sud America o dai paesi dell’Est. Sono infermieri e operatori sanitari che hanno trovato una collocazione in Italia durante l’emergenza Covid ed ora chiedono di essere stabilizzati, superando il termine del 31 dicembre 2023.
Ad accoglierli, prepararli per equiparare la loro formazione a quella italiana sono spesso le stesse strutture da cui vengono assunti e che oggi li affiancano in questa battaglia. «Un duplice vantaggio, per ottenere quella stabilità che permetterebbe loro di restare in un paese in cui hanno investito negli ultimi tre anni, e alle strutture di avere la forza lavoro necessaria per gestire la ripresa post Covid».
Ne parliamo con Alessandro Contini, direttore Regione Lombardia del Gruppo Kos, che con 20 residenze in Lombardia note come Anni Azzurri, per anziani e istituti di cura, e 2400 posti letto sull’area lombarda rappresenta la punta di diamante di un gruppo privato tra i più collaudati a livello nazionale. Il Gruppo Kos opera nel settore della salute e della cura delle persone in undici regioni italiane ed è presente a livello internazionale in Germania e India. Quasi 9.000 i lavoratori, tra personale sanitario libero professionista e dipendente, direttamente gestiti dall’azienda, senza l’intermediazione delle cooperative. «È una gestione diretta – precisa Contini -, una scelta che abbiamo fatto e che stiamo trasferendo anche alle ultime acquisizioni».
«Il problema della carenza del personale è ante Covid – spiega – la pandemia è stata solo un acceleratore. A soffrire di più è il nostro settore. Il sociosanitario sembra essere figlio di un Dio minore, mancano medici, infermieri e OSS. La carenza è più evidente nella provincia, in Lombardia le zone che soffrono di più sono Brescia e Bergamo. Va meglio nella città metropolitana dove ci sono più curricula da esaminare e grazie al passaparola anche più professionisti disponibili».
Sblocco delle assunzioni nel settore pubblico e trasferimenti verso il sud, questi i due fattori che nel 2021 hanno mandato in tilt il sistema sociosanitario e messo a rischio tante strutture. «Il momento era favorevole – sottolinea il direttore regionale di Kos – era ripresa la fiducia delle famiglie verso le residenze per anziani dopo il disastro accaduto in pandemia, eppure è iniziata una crisi sostanziale di infermieri e medici». Oggi a spaventare sono l’aumento dei costi del lavoro e delle utenze. «Aspettiamo un riconoscimento economico da Regione Lombardia» aggiunge Contini.
I curricula sono sempre meno e anche per i grandi nomi che gestiscono più strutture sociosanitarie è sempre più difficile reclutare professionisti. «Nel nostro gruppo abbiamo proposto trasferimenti protempore al personale – racconta Contini – L’impatto è stato perciò meno forte. Anche se quest’anno le carenze si sono fatte sentire pure tra gli educatori e gli assistenti sociali». Un problema avvertito ad ogni latitudine tanto che le stesse Regioni si sono attivate per cercare di tamponare la situazione. «I corsi pensati da Regione Lombardia per formare Super Oss sono una manna dal cielo – ammette il direttore Regionale di Kos – così come medici e infermieri stranieri. Abbiamo fatto prima di tutto delle selezioni interne perché avevamo operatori sanitari e infermieri che nel loro paese di origine avevano conseguito la laurea in medicina o infermieristica. Grazie alla procedura semplificata di riconoscimento in deroga del titolo li abbiamo aiutati ad ottenere il titolo in Italia. Poi grazie al passaparola sono arrivati altri operatori sanitari, infermieri e medici. Li abbiamo accompagnati nel percorso di inserimento fornendo corsi in lingua italiana, alloggio e corsi sui modelli organizzativi del sistema sociosanitario italiano grazie alla nostra Kos Academy. In questo modo una volta arrivati in Italia sapevano come muoversi e quindi li abbiamo inseriti nei gruppi di lavoro».
I primi operatori sanitari sono arrivati dalla Romania, circa 25 anni fa. Oggi il mercato è saturo, più facile importare da Albania o sud America. «A Milano c’è una forte presenza di operatori sociosanitari provenienti dal Perù che hanno fatto da cassa di risonanza per tanti connazionali – racconta ancora Contini –. Ci siamo avvicinati anche al mercato di Brasile e Cuba, ma abbiamo avuto difficoltà per il riconoscimento del titolo. L’iscrizione all’albo di appartenenza nel paese di origine è una condizione sine qua non per il riconoscimento in deroga, tante volte questo manca e nonostante la volontà del professionista di venire in Italia non si può completare la pratica. In altri casi i tempi della burocrazia sono biblici ed allora si fanno scelte diverse. Per cercare di risolvere il problema della carenza dei professionisti nel mondo sociosanitario sarebbe opportuno rivedere il numero chiuso e il percorso formativo in particolare degli infermieri. La scelta dei Super OSS per il nostro settore può essere un giusto compromesso anche per maggiormente qualificare la professionalità degli stessi operatori che quindi potranno coadiuvare gli infermieri per migliorare il livello di assistenza agli ospiti delle RSA».
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