Lavoro e Professioni 26 Novembre 2019 15:30

Sanità di Frontiera: «Così insegniamo ai medici ad ascoltare i bisogni dei migranti e a curare le ferite invisibili»

Il 28 e il 29 novembre a Roma il nuovo corso di formazione “Salute e Migrazione: curare e prendersi cura” rivolto a medici di famiglia e pediatri. Il direttore generale di Sanità di Frontiera Francesco Aureli: «Necessario che i camici bianchi siano formati per riconoscere ed affrontare i traumi subiti dai migranti»

Un corso di formazione sulla salute dei migranti rivolto, per la prima volta, a medici di medicina generale e pediatri. È la nuova edizione di “Salute e Migrazione: curare e prendersi cura”, organizzato da Sanità di Frontiera con la Società italiana di medicina delle migrazioni, in programma a Roma, presso il Centro Servizi per il Volontariato, i prossimi 28 e 29 novembre.

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«I medici di famiglia ed i pediatri di libera scelta sono coloro che si trovano a interagire più frequentemente con gli stranieri residenti o i migranti in arrivo o in transito nel nostro Paese – spiega Francesco Aureli, direttore generale di Sanità di Frontiera -. Quindi l’esigenza di un approccio psicologico e culturale con queste persone in loro è ancora più forte».

È proprio questo, infatti, il cuore del problema e, quindi, del corso: «Nei migranti – continua Aureli – si riscontrano tantissime patologie che potrebbero venire da lontano. Per riconoscerle allora è necessario che i medici siano formati e informati su determinate dinamiche in modo da stimolare poi la loro capacità di risposta nel modo più adeguato».

Le dinamiche cui fa riferimento Aureli sono quelle che portano a ferite spesso invisibili: «Si tratta di traumi causati dall’aver abbandonato i propri cari, i propri luoghi di origine e i propri punti di riferimento. Dai lunghissimi viaggi che hanno affrontato, durante i quali spesso subiscono violenze. Senza parlare del trauma dovuto all’impatto con una cultura diversa e all’incapacità di comunicare con le persone che si incontrano qui».

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E sono anche queste difficoltà a rendere più complessa la diagnosi: «Per questo è molto importante poter usufruire della mediazione linguistica e culturale – aggiunge il direttore generale di Sanità di Frontiera -. Anche perché queste ferite si scovano e possono essere curate grazie ad un ascolto attivo di tipo diverso da quello che generalmente un medico ha con un paziente del suo Paese, con la sua cultura e che parla la sua stessa lingua».

Oltre ad inquadrare il fenomeno migratorio nel suo insieme, il corso si concentrerà sugli aspetti più strettamente legati alla salute dei migranti, sia fisica che mentale, nell’ottica di un approccio di ascolto attivo della persona e dei suoi bisogni e nella convinzione che porsi con uno sguardo informato e più aperto di fronte al paziente straniero costituisca un bene per quest’ultimo e per tutta la comunità di accoglienza.

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