«L’Osservatorio è ormai un punto di riferimento per la ricerca sull’innovazione digitale perché permette un confronto e una collaborazione tra i diversi attori del settore sanitario. L’Italia è ancora indietro rispetto all’Europa. Il problema? Mancano gli investimenti». Queste le parole della direttrice dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano, Chiara Sgarbossa
«L’Italia resta ben lontana dagli standard europei in termini di sanità digitale, il motivo principale è che le risorse stanziate a questo fine sono poche. A detenere il primato i Paesi scandinavi». Lo dichiara la Dottoressa Chiara Sgarbossa, Direttrice dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano, organismo che promuove il ruolo del digitale definendone i benefici e incentivandone la cultura.
«Noi siamo uno dei Paesi che spende meno per la sanità rispetto ad altri, dunque siamo già estremamente efficienti nell’utilizzo delle risorse sanitarie – prosegue -. La necessità di sanità aumenta, l’invecchiamento della popolazione è costante ma a fronte di una richiesta maggiore di risorse sanitarie da parte della popolazione la spesa rimane stabile».
La Direttrice si riferisce al Documento di Economia e Finanza 2017 che evidenzia, infatti, come nel triennio 2018-2020 la sanità pubblica continuerà a disporre delle medesime risorse economiche. Niente tagli dunque, ma neanche maggiori finanziamenti. «La sanità italiana è stabile, questo è un bene, tuttavia la stabilità non comporta peggioramenti ma neanche miglioramenti, ecco perché siamo indietro».
Altro elemento che la Dottoressa evidenzia è la lentezza burocratica che in Italia «ostacola l’innovazione; da una parte sono in atto azioni per far sì che si promuova l’innovazione digitale tra le Regioni e le aziende sanitarie, ma dall’altra parte i ritardi nell’approvazione delle Leggi le bloccano». Ne è un esempio il Patto per la Sanità digitale (previsto dal Patto per la salute 2014-2016 siglato dal Governo in accordo con le Regioni) che non ha determinato gli effetti e i risultati sperati.
A questo, secondo il Report dell’Osservatorio, si aggiunge la mancanza di competenze digitali e di una “cultura” digitale tra medici ed operatori sanitari. «C’è una resistenza al cambiamento che ostacola la diffusione di soluzioni digitali che cambiano i processi e le attività degli operatori sanitari» precisa la Direttrice Sgarbossa, che fa notare quanto anche i medici stessi «siano restii ad utilizzare strumenti messi a disposizione delle aziende e della Regione, come il Fascicolo Sanitario Elettronico». Ciò nonostante, «l’Italia può vantare Regioni come Valle d’Aosta, Lombardia ed Emilia-Romagna che per prime hanno usufruito del Fascicolo Sanitario Elettronico mettendo in rete anche i medici di medicina generale. Recentemente, anche la Provincia Autonoma di Trento e il Veneto si sono distinte per iniziative di sanità digitale al sostegno di operatori sanitari e cittadini». Osservando l’infografica dell’Osservatorio è evidente che in linea generale, la maggior parte dei medici ricorrono al digitale per ricerche, informazioni e consultazione di report e linee guida. Il 25% dei medici generici condivide documenti con i pazienti tramite whatsapp ed è interessante rilevare che il 32% dei medici internisti utilizza le app mediche per screening e per identificare fattori di rischio.
E i benefici per i pazienti? «I vantaggi sono sia in termini di tempo e costi che di qualità della cura. Prenotare online una visita o ritirare online un referto consente di evitare code; un malato cronico con la telemedicina potrebbe effettuare monitoraggi da casa, senza recarsi presso la struttura sanitaria. In più, – continua – la cartella clinica elettronica permette di verificare, ad esempio, che un farmaco sia compatibile per il paziente così da evitare errori».
In merito all’utilizzo dei servizi digitali da parte dei cittadini, l’infografica dell’Osservatorio mostra che il 22% prenota visite ed esami online, il 18% consulta documenti clinici e referti ma solo il 14% comunica via email con il medico di base.
Per concludere, un dato curioso: secondo le ricerche dell’Osservatorio, solo il 36% degli italiani sarebbe interessato ad una consegna a casa dei farmaci. «Questo ci ha stupito – fa notare la direttrice – il 92% di chi ha detto sì motiva la scelta con il fatto di risparmiare tempo. Le barriere all’utilizzo, al contrario, sono rappresentate dalla convinzione che il contatto con il farmacista sia importante per il 71% degli intervistati».