Lavoro e Professioni 28 Luglio 2015 18:22

«Dottore, chiami un dottore». Medici sempre più stressati per i carichi di lavoro.Ecco quando chiedere aiuto e a chi

Arrivano i corsi in gestione dello stress. Intervista alla dott.ssa Monica Martelli, dello Sportello Disadattamento Europeo

«Dottore, chiami un dottore». Medici sempre più stressati per i carichi di lavoro.Ecco quando chiedere aiuto e a chi

I medici inglesi non lavorano durante il fine settimana (ma presto lo faranno). I colleghi italiani non solo lavorano ogni giorno, ma i turni a cui sono costretti comportano orari così improponibili che, insieme al pericolo di denunce spesso infondate, viene minata alle fondamenta la loro salute sia fisica che mentale.

Uno stress che mal si accompagna alle responsabilità che derivano da un intervento in sala operatoria, dalla preparazione di un piano terapeutico, o dall’esito di una visita di controllo. In questi casi chiedere un sostegno o semplicemente ascolto può giovare molto al professionista e, di riflesso, ai suoi pazienti. Sanità informazione ha intervistato la dott.ssa Monica Martelli, consulente dello Sportello Disadattamento Europeo ed esperta nella gestione dello stress medico.

Dott.ssa Martelli, quali sono i segnali per riconoscere questo tipo di stress?
«Sia i sintomi che le conseguenze dello stress medico sono estremamente variabili. In generale, però, possiamo identificare tre stadi. Il primo è quello dell’iperattività: in un anestesista alle prese con un caso urgente, ad esempio, abbiamo verificato che la pressione sanguigna può salire fino a 300 per tutta la durata della prestazione. Contemporaneamente, si attiva un aumento del glucosio, diminuisce la sensibilità al dolore e alla stanchezza, si bloccano i processi digestivi e perfino lo stato di fertilità. Ora, un conto è se questo processo dura un’ora. Ben diverso è invece il caso di un reale sovraccarico lavorativo. In questa eventualità si entra nel secondo stadio: quello della resistenza o, in gergo, del “soldato in trincea”. Qui avviene che l’organismo tenta di resistere con tutte le sue forze fino a quando non cede. A questo punto subentra la terza fase: quella dell’esaurimento, che comporta perdita della convergenza, possibili alterazioni tiroidee, riduzione della fertilità, disturbi di tipo muscolo-scheletrico».

A cosa può portare tutto questo?
«Questi disordini possono, col tempo, sfociare nella sindrome di “burn out”, che letteralmente significa bruciatura. I sintomi sono ipertensione, insonnia e aggressività. È importante che il medico riconosca questi fattori come indici di vulnerabilità, così da crearsi le necessarie e più efficaci strategie di autodifesa».

Le conseguenze di un sovraccarico di lavoro per il medico possono essere rischiose anche per i pazienti?
«Di certo possono verificarsi situazioni di sovraccarico che influiscono sulle prestazioni del medico, alterandole. Generalmente il professionista se ne accorge in tempo, ma è anche vero che il mancato turn over, e quindi i turni massacranti, possono dar luogo ad incidenti di questo tipo».

Quali sono i benefici arrecati dagli appositi corsi in gestione dello stress?
«L’attività dello Sportello del disadattamento europeo mi consente di intercettare questi disordini prima che diventino una vera e propria patologia, e di attivare un percorso di riabilitazione specifica. Lo sportello è formato da un gruppo di medici aziendalisti e psicologi del lavoro, impegnati nell’intercettare queste perdite di adattamento, studiare la capacità di recupero più efficiente e far sì che l’intero sistema sviluppi la cosiddetta “resilienza” alle crisi».

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