Secondo la Suprema Corte sono queste le caratteristiche che deve avere l’ideale “professionista medio” per non incorrere in condanne nel caso di un paziente che presenta sintomi aspecifici
Di fronte a sintomi poco chiari ascrivibili a patologie diverse, o comunque di difficile interpretazione, il medico non può attendere il corso degli eventi ma deve formulare una serie di ipotesi diagnostiche (verificandone la correttezza) oppure segnalare al paziente tutti i possibili significati della sintomatologia rilevata. Se tale “sforzo diagnostico” non viene adempiuto dal medico (che in aggiunta non attenziona il paziente) è ravvisabile da parte del sanitario una negligenza.
Con questa motivazione la Corte di Cassazione descrive quale è il paradigma per valutare, in sede giudiziale, se la condotta di un medico sia colposa o meno, specificando che il medico medio è il medico bravo: dove per bravo si intende serio, preparato, zelante ed efficiente.
Il caso prende origine dal decesso di un paziente per un aneurisma cerebrale a seguito del quale i familiari avevano effettuato una richiesta di risarcimento danni, lamentando l’imperizia e la negligenza dei medici che lo avevano avuto in cura.
Il Tribunale in primo grado e successivamente la Corte d’appello avevano escluso il nesso di causalità fra l’intempestiva diagnosi di aneurisma e la morte del paziente, ma la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30999 del 2018, ha ritenuto questa circostanza un fatto decisivo non correttamente valutato poiché se l’intervento fosse stato eseguito immediatamente non vi sarebbe stata l’emorragia che aveva causato il danno cerebrale e, dunque, la morte.
Il presupposto per l’esclusione della colpa dei sanitari era legato al fatto che il paziente, al momento della visita, presentava sintomi aspecifici, che non deponevano chiaramente ed univocamente per la presenza di un aneurisma cerebrale, anche se alcuni degli esami effettuati dai sanitari erano di tipo “neurologico” a dimostrazione che il medico aveva tenuto in considerazione la possibilità di un evento emorragico.
Nell’accogliere la richiesta dei familiari del paziente, sancendo così la responsabilità del medico, la Corte di Cassazione ha precisato una serie di elementi molto interessanti che specificano il perimetro della “diligenza del professionista”.
«Nel caso di inadempimento di obbligazioni comuni, ovvero di danni causati nello svolgimento di attività non professionali, il primo comma dell’art. 1176 c.c. impone di assumere a parametro di valutazione della condotta del responsabile il comportamento che avrebbe tenuto, nelle medesime circostanze, il “cittadino medio”, ovvero il bonus paterfamilias: vale a dire la persona di normale avvedutezza, formazione e scolarità. Nel caso, invece, di inadempimento di obbligazioni professionali, ovvero di danni causati nell’esercizio d’una attività “professionale” in senso ampio, il secondo comma dell’art. 1176 c.c., prescrive un criterio più rigoroso di accertamento della colpa. Il “professionista”, infatti, è in colpa non solo quando tenga una condotta difforme da quella che, idealmente, avrebbe tenuto nelle medesime circostanze il bonus paterfamilias; ma anche quando abbia tenuto una condotta difforme da quella che avrebbe tenuto, al suo posto, un ideale professionista “medio” (il c.d. homo eiusdem generis et condicionis). L’ideale “professionista medio” di cui all’art. 1176 c.c., comma 2, nella giurisprudenza di questa Corte, non è un professionista “mediocre”, ma è un professionista “bravo”: ovvero serio, preparato, zelante, efficiente».
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