Paolo Campanini, psicologo del lavoro, spiega a Sanità informazione: «La settimana corta sarebbe vantaggiosa per aziende e dipendenti». Romeo (ASEU) «Lavoratori più disponibili»
Meno stress e malattie per i dipendenti e produttività uguale se non addirittura migliorata. Questo l’esito che ha dato la sperimentazione della settimana corta in 61 aziende inglesi. Lo studio dell’Università di Cambridge e del Boston College avviata lo scorso mese di giugno, prevedeva 32 ore lavorative settimanali spalmate su quattro giorni, senza riduzione di stipendio. Al termine dello studio 56 aziende hanno deciso di proseguire con la settimana corta.
L’Italia, rispetto agli altri paesi europei sembra non essere ancora matura per accogliere l’ipotesi di una settimana corta. I sindacati stanno lavorando con le aziende perché si possa arrivare ad una soluzione di questo tipo, ma per ora sono poche quelle intenzionate ad andare in quella direzione. Eppure, molti sarebbero i vantaggi per imprese e lavoratori, come ha spiegato a Sanità Informazione Paolo Campanini psicologo del lavoro. «A fronte di una riduzione di costi che devono sostenere le aziende e i lavoratori, a diminuire è soprattutto il livello di stress per il dipendente perché il bilanciamento casa lavoro media tra carico di lavoro e stress percepito -dice Campanini – .Ridurre a quattro giorni l’attività lavorativa, vorrebbe dire diminuire la conflittualità casa lavoro e aumentare la possibilità di gestire meglio la propria vita, le relazioni famigliari, a vantaggio della salute del lavoratore». Di conseguenza le malattie che si innescano in chi ha un livello di stress molto alto tenderebbero a ridursi a fronte di una produttività invariata o addirittura aumenta.
Il grande dilemma del vivere per lavorare o lavorare per vivere torna dunque d’attualità quando si parla di settimana corta o di Smart working. «Viviamo un periodo di osmosi tra casa e lavoro – fa notare Campanini – . Mentre nel secolo scorso un individuo iniziava l’attività lavorativa in un’azienda con una solidità definita, oggi il lavoro è più flessibile per luogo e per orario anche grazie ai device che permettono di essere operativi ovunque. Questo significa che la barriera netta che c’era un tempo tra casa e lavoro, oggi è superata. Questo mescolarsi va ad allungare le giornate e gli impegni delle persone. Quattro giorni lavorativi invece permetterebbero di dare al lavoratore la possibilità di organizzarsi meglio e di dividere in maniera più netta i due dominii. Concentrarsi durante le giornate lavorative e godersi la famiglia nel resto della settimana. L’efficienza si guadagnerebbe per questo».
In particolare a richiedere a gran voce la settimana corta sono i giovani. Secondo quanto affermano i sindacati le nuove generazioni, abituate a fare molte esperienze anche a livello internazionale, sono i principali sostenitori dei quattro giorni lavorativi. «Gli under 35 sono molto gelosi del bilanciamento casa lavoro, molto più di quanto lo siano le generazioni lavorative più mature – riprende lo psicologo – e quindi diventa molto più interessante, per trattenere le nuove generazioni all’interno di un’attività lavorativa, offrire una soluzione più confortevole». L’esperimento inglese ha dimostrato che la produttività non cambia, anzi addirittura può aumentare, mentre la qualità della vita dei lavoratori migliora. «Questo esperimento offre due spunti di riflessione importanti: con la settimana corta i lavoratori sono più efficienti perché tempi ridotti impongono meno distrazioni, inoltre sottolinea come a cambiare passo saranno le nuove generazioni– conclude Campanini – perché i giovani non accettano più di sacrificare la propria vita per quello che loro pensano essere un interesse altrui».
Anche per l’Associazione Sindacale Europea Universale (ASEU) la settimana corta potrebbe essere una soluzione vantaggiosa per tutti: aziende e lavoratori. «Quattro giorni lavorativi, in luogo di cinque, è un concetto che potrebbe essere cristallizzato nella equazione “meno ore di lavoro ma maggiore produttività” – sottolinea Bruno Romeo, Segretario ASEU – . A trarre beneficio sarebbero sia le aziende che i lavoratori. A fronte di una giornata libera, infatti, si renderebbero disponibili con uno spirito più collaborativo, con un innegabile vantaggio per la produttività aziendale. Una rivoluzione copernicana che permetterebbe anche una riduzione dell’assenteismo e delle dimissioni e miglioramenti nel benessere dei loro dipendenti. Che sia, dunque, benvenuta la settimana corta, anche a livello sperimentale, per mostrare come, mettendo i bisogni del lavoratore al primo posto, il sistema produttivo possa migliorare».
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