Vicario (FNOPO): «Il counseling ostetrico è necessario alla tutela della salute della donna e del suo bambino. Gravidanze a rischio durante la pandemia per la paura di contrarre il virus»
Comunicazione virtuale, utilizzo delle nuove tecnologie per finalità scientifiche e smart working: sono questi gli argomenti che, secondo Maria Vicario, presidente FNOPO (Federazione Nazionale degli Ordini della Professione di Ostetrica), dovrebbero essere inseriti nel percorso universitario, diventando oggetto di una materia di studio, con tanto di esame e crediti formativi. «In questo modo – aggiunge Vicario – potremmo fare tesoro di alcuni insegnamenti della pandemia, come ad esempio la sperimentazione di una comunicazione a distanza ostetrica-paziente, un rapporto necessario al buon esito della gravidanza».
Non sono fondamentali solo le visite e gli esami diagnostici. I colloqui con i professionisti del settore (ostetriche, ginecologi e neonatologi) sono parte integrante del percorso di cura, che consente ai genitori di sentirsi accolti in un contesto assistenziale multidisciplinare e condiviso, tanto che, la Società italiana di medicina perinatale (SIMP) in collaborazione anche con la FNOPO, ne hanno riportato l’approccio metodologico nel documento “Nascere prima del termine: strumenti per il counselling perinatale alle famiglie”.
Al contrario, in presenza di un contatto scarso o del tutto assente tra ostetrica e paziente le conseguenze per la salute di donna e bambino possono essere anche molto gravi. E a dimostrarlo, ancora una volta, sono gli esiti della pandemia. «Confrontando i dati tra marzo e maggio 2020 con quelli dello stesso periodo dell’anno precedente emerge una triplicazione dei bambini nati morti. Nessuna delle donne che ha dato alla luce feti senza vita aveva contratto il Covid-19 – sottolinea Vicario -, ma era stata proprio la paura del contagio a spingerle a non sottoporsi neanche ai controlli inderogabili previsti dai Lea (Livelli essenziali di assistenza)». Lo stesso timore di contagio emerge anche da un altro dato tratto dagli studi effettuati in piena pandemia: «È aumentato il numero di parti spontanei, poiché la donna è spesso giunta al punto nascita in condizioni di travaglio avanzato, proprio per la paura che arrivare troppo presto in ospedale l’avrebbe esposta ad un rischio superiore di infettarsi di Covid-19».
Nella maggior parte dei casi in cui non si è presentata alcuna complicanza, né per la salute della donna, né per quella del suo bambino, le gravide hanno mantenuto un rapporto costante con le proprie ostetriche, non trascurando nessun controllo medico. «Gruppi whatsapp, videochiamate, corsi online sono stati i principali canali virtuali utilizzati dalle ostetriche per effettuare il counseling. È fondamentale – spiega la presidente FNOPO – che la donna sia accompagnata al parto, lungo il corso della gravidanza, ma che sia sostenuta anche nella fase post-natale, dall’allattamento, alla prevenzione dei disturbi psichici, fino alla ripresa dell’attività sessuale».
Addirittura, “entrare” (virtualmente) a casa della donna ha permesso di coinvolgere anche gli altri componenti della famiglia, «partner e figli della coppia – racconta Vicario -, che normalmente non avrebbero partecipato al consulto ostetrico ambulatoriale, hanno preso parte alle conversazioni». Un’esperienza importante che aspira a diventare una nuova mansione professionale: «Lo smart working in ostetricia, come dimostrato durante questa pandemia, non solo è possibile, ma può essere una modalità di lavoro che, praticata in associazione alle visite in presenza, può migliorare e rafforzare il servizio territoriale. La sua utilità è innegabile – conclude l’ostetrica – tanto che dovrebbe diventare una delle mansioni delle ostetriche, a cui le professioniste sanitarie devono essere preparate durante il percorso di studi universitario».
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