«Analizzare i bisogni di salute e progettare le migliori soluzioni per soddisfarli». Il presidente della Società italiana di Sociologia delle Salute descrive i principali compiti del sociologo della salute e le nuove sfide professionali, tra pubblico e privato
Regione che vai, bisogno di salute che trovi. Quanti posti letto servono agli anziani negli ospedali dell’Emilia Romagna? E in Sicilia, qual è il numero di pazienti che necessita di assistenza domiciliare? In quali luoghi della Penisola c’è la più alta richiesta di residenze per il recupero di tossicodipendenti? Le risposte a queste domande non sono casuali, ma frutto di accurati studi condotti da diversi professionisti che, in sinergia, operano nel mondo della Sanità.
«Analizzare i bisogni di salute e progettare le migliori soluzioni per soddisfarli sono i due principali compiti del sociologo della salute – ha spiegato Franco Toniolo, presidente della Società italiana di Sociologia delle Salute -. Mansioni che svolge in sinergia con altre figure professionali che operano all’interno delle strutture del Sistema Sanitario Nazionale, dai programmatori, agli economisti, fino agli statistici».
Non è un caso, dunque, che il sociologo della salute, proprio quest’anno, festeggi i suoi primi 40 anni di vita, come il nostro SSN. «Stando alla letteratura – ha specificato il presidente della Società italiana di Sociologia delle Salute – la figura del sociologo ha almeno due secoli di storia. Ma la necessità di creare una figura che fosse specializzata nell’analisi del bisogno di salute (il sociologo della salute, appunto) è nata solo quando la Sanità è diventata “pubblica”, con l’istituzione del SSN».
Parallelamente, negli anni, il sociologo della salute si è fatto largo anche in altri contesti, in risposta alla crescente privatizzazione di alcuni comparti del Sistema: «Cooperative, privato sociale, terzo settore: sono questi i contesti in cui oggi trova una collocazione professionale più favorevole», ha sottolineato Toniolo.
Accanto alle mansioni di analisi e progettazione, il sociologo della salute può svolgere anche una funzione di “terapista”: «Si tratta prevalentemente di terapie di gruppo o familiari – ha specificato il presidente della Società italiana di Sociologia delle Salute – in cui il sociologo ha la mansione di “socio-terapista”».
Ma quanti sono, oggi, i sociologi della salute che lavorano in Italia, tra pubblico e privato? «Difficile stabilirlo con certezza – ha risposto Toniolo -. I professionisti impegnati nel SSN sono circa 600. Cifra calata di almeno 300 unità nel giro di pochi anni e destinata a ridursi ai minimi termini, nel giro di un decennio, se non si provvederà ad uno sblocco del turnover. Il numero di coloro che lavorano nel privato, invece, non può essere stabilito». A rendere più complesso il censimento della categoria è l’assenza di un’iscrizione obbligatoria ad un ordine professionale o collegio.
«Il sociologo della salute – ha spiegato il presidente Toniolo – è un professionista laureato in sociologia, facoltà che, come molte altre, prevede una laurea triennale di base e un biennio specialistico. Il conseguimento di successivi master, corsi o scuole di specializzazione, è a discrezione del singolo studente». Il primo tentativo di un riconoscimento professionale (laurea a parte) è arrivato solo lo scorso anno: «Dopo una lunga battaglia, alla fine del 2017, i sociologi della salute hanno ottenuto la certificazione prevista dalla norma tecnica Uni. Nel frattempo però, con l’entrata in vigore della legge Lorenzin questa figura professionale è stata inserita tra le professioni socio sanitarie».
E raggiungere un doppio traguardo, nel giro di pochi mesi, ha rigettato nel limbo il tentativo di ottenere uno specifico riconoscimento professionale. «Dopo l’entrata in vigore della legge Lorenzin – ha spiegato Toniolo – la possibilità di ottenere la certificazione Uni è stata congelata. Ma ad oggi, restiamo l’unica professione tra quelle socio-sanitarie a non essere dotate né di un Ordine, né di un Collegio. Speriamo, dunque, – ha concluso il presidente Società italiana di Sociologia delle Salute – che le Istituzioni di competenza definiscano presto e con chiarezza la nostra posizione».