Una strategia che intende ottenere maggiori esiti di salute con un minore consumo di risorse. «Così si possono ottenere risultati di salute omogenei per tutta la popolazione italiana», spiega Andrea Silenzi del Centro di ricerca sulla leadership in medicina dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
Letteralmente si chiama “sanità basata sul valore”. Nome meno accattivante dell’anglosassone e più contemporaneo “value based healthcare”, parole che infatti tempestano sempre più spesso le pagine dei programmi di congressi e convegni. Si tratta di una strategia che tenta di trovare una soluzione alla sostenibilità dei sistemi sanitari, garantendo al contempo i risultati di salute dei pazienti. Non solo garantire l’accesso alle cure a tutti, quindi, ma prestare anche particolare attenzione ai costi. Massimizzare appunto il valore in sanità, raggiungendo l’obiettivo di ottenere maggiori esiti di salute con un minore consumo di risorse. In che modo? In pratica, superando i modelli basati su pagamenti a prestazione e introducendo modelli basati sul pagamento dell’intero ciclo di assistenza e, quindi, sui benefici prodotti. È con queste parole che è il value based healthcare è stato definito ai nostri microfoni da Andrea Silenzi, relatore di uno di quegli interventi dedicati al tema previsti nel programma del recente congresso di chirurgia, nonché membro del Centro di ricerca sulla leadership in medicina dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
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«Il value based healthcare è una strategia – spiega Silenzi – che rimette al centro lo scopo di ogni organizzazione sanitaria: la produzione di salute. Intende quindi rappresentare in un rapporto gli esiti di salute raggiunti da un’organizzazione o da un professionista sanitario rispetto ai costi diretti e indiretti investiti per erogare quelle prestazioni».
Per attuare questa strategia, è quindi necessario «superare il rispetto dei budget delle singole aziende ospedaliere o Asl – prosegue Silenzi – cercando invece un approccio di popolazione. Dobbiamo poi ragionare sulla misurazione dei dati epidemiologici e trasformarli in informazioni cliniche rilevanti per integrare tutti i passaggi del percorso. In questo modo – continua – il paziente non dovrà costruirsi da solo la sua strada tra ospedale, medico di medicina generale o altri servizi territoriali, ma avrà un percorso ben definito e misurabile in ogni passaggio nel rapporto tra esiti di salute e costi sostenuti».
Ma a che punto siamo con l’applicazione di questo sistema nel mondo? «Sicuramente – risponde Andrea Silenzi – i modelli di libero mercato o assicurativi come quelli del Nord Europa e degli Stati Uniti sono facilitati, perché è più semplice ragionare su perimetri di organizzazione più piccoli e più raccolti per natura. Per l’Italia la sfida è più ardua – precisa Silenzi – perché il nostro Sistema Sanitario è formato da 21 sistemi sanitari differenti. D’altra parte, tuttavia, è in grado di raggiungere risultati maggiori, perché il value based healthcare permetterebbe di coordinare le attività e raggiungere risultati di salute omogenei da Trento a Palermo, superando le cosiddette variazioni ingiustificate e garantendo un futuro più sereno a tutti noi e alla nostra sanità».