L’estensione della definizione di malattia porta ad etichettare come malate e quindi “curare” persone nelle quali gli effetti avversi sono maggiori dei benefici. Il presidente della Fondazione Nino Cartabellotta: «È indispensabile che i panel coinvolti in questo processo dispongano di una guida per modificare le soglie di malattia»
Overdiagnosis e overtreatment sono l’epidemia del 21° secolo. Cosa significa? Che le definizioni di malattia sono state estese, finendo per etichettare come malate persone il cui stadio di malattia è troppo precoce, molto lieve e/o non evolutivo. Il sovra-trattamento che ne consegue può quindi sbilanciare il rapporto benefici/rischi in ipertensione, embolia polmonare, insufficienza renale cronica, osteoporosi, prediabete, carcinoma della tiroide, disturbo da deficit di attenzione e iperattività e demenza. È quanto messo in evidenza dalla Fondazione Gimbe, per la quale «se da un lato l’estensione delle definizioni di malattia può determinare benefici per i pazienti che possono accedere a trattamenti efficaci, dall’altro rappresenta uno dei driver principali della sovra-diagnosi».
Secondo la Fondazione, il problema nasce dai «panel che elaborano linee guida per la pratica clinica» che «modificano le soglie di malattia senza valutare rigorosamente l’impatto sulla loro prevalenza, e soprattutto dei potenziali effetti avversi delle modifiche proposte: infatti, se il beneficio terapeutico assoluto è solitamente proporzionale alla severità della malattia, la probabilità di effetti avversi è generalmente costante e indipendente, in quanto effetto fisso dell’intervento terapeutico. Di conseguenza, nei pazienti con malattia in fase precoce o lieve, gli effetti avversi sono spesso più probabili dei benefici».
«È allora indispensabile – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – che i panel coinvolti in questo processo dispongano di una guida per modificare le soglie di malattia». E proprio con questo obiettivo, la Fondazione Gimbe ha realizzato la versione italiana ufficiale della checklist recentemente pubblicata dal Guidelines International Network (G-I-N) che include 8 item:
«Per evitare – conclude Cartabellotta – che i potenziali rischi di sovra-diagnosi e sovra-trattamento danneggino i “nuovi malati” occorre grande cautela nel modificare le soglie di malattia. In particolare, tali modifiche dovrebbero sempre migliorare il profilo rischio/beneficio a livello di popolazione. In tal senso auspichiamo che la checklist venga utilizzata da tutte le società scientifiche italiane impegnate nella produzione di linee guida per la pratica clinica».