Il percorso accademico proposto delle Regioni bloccato da Ministero e Intersindacale. Il SIGM: «Così ancora meno qualità, meno tutele e diritti oltre a borse sempre più leggere».
“Sì alla specializzazione in Medicina Generale”, “Mai più medici di serie B” e ancora “Dignità per la Medicina Generale”, “Si ad una Medicina Generale di serie A”. Sono solo alcuni dei tantissimi tweet, a cui si sommano migliaia di post su Facebook, per la singolare protesta social lanciata da SIGM (Associazione dei Giovani Medici) e CNAS (Comitato Nazionale Aspiranti Specializzandi), le principali associazioni di riferimento di giovani medici e specializzandi. Un flashmob lanciato per protestare contro l’esclusione – nella bozza di accordo sull’articolo 22 del Patto della Salute tra Ministero della Salute ed Intersindacale – della proposta, avanzata dalle Regioni, di istituire un percorso specialistico accademico della scuola di Formazione Specifica in Medicina Generale”.
Il vice-presidente del SIGM, Agostino Panajia, che ha concluso il corso di specializzazione nel 2014 ed ora ha un incarico a tempo determinato di continuità assistenziale in provincia di Rovigo, il problema investe oltre 3mila futuri medici di base under 35 ogni triennio, che protestano avendo la percezione che sia «un percorso sminuito rispetto gli specializzandi sotto diversi punti di vista: a partire da quello qualitativo, perché ad oggi non c’è un corpo unico nazionale, dunque una eccessiva variabilità tra diverse regioni, ma anche tra un corso e l’altro. Poi – aggiunge Panajia – emergono problematiche legate a tutele e diritti nel percorso che il corso non garantisce e, in ultimo, non va sottovalutata la disparità economica: il corsista MMG riceve la metà della borsa riservata agli altri specializzandi, deve coprire spese aggiuntive come l’assicurazione e pagarci le tasse. Per il neo-abilitato la Medicina Generale appare quasi come una scelta di secondo ordine mentre i dati di oggi dimostrano quanto sia importante l’assistenza primaria per avere un sistema sanitario sostenibile ed efficace».
Grazie ai social network questa insofferenza è arrivata ai principali soggetti istituzionali coinvolti. L’hashtag utilizzato (#specializzazioneMG) è diventato ben presto virale e nel primo giorno della protesta, ovvero martedì 21 giugno, è stato per ore il primo trending topic della politica italiana. Al flashmob ha aderito anche il coordinatore della commissione Salute delle Regioni, Antonino Saitta, che ha twittato: «Ddl art. 22, Regioni: Formazione MMG e specializzandi vanno reinseriti nella bozza». Secondo il presidente del SIGM, Andrea Silenzi, per questo processo di svolta, chiesto a gran voce, è necessario coinvolgere il Ministero della Salute, « negli ultimi anni sempre più spesso garante delle istanze dei giovani camici bianchi e che, nel recente passato, aveva dichiarato la necessità di istituire una specializzazione per la FSMG, di non cedere al compromesso e di intraprendere con coraggio le riforme necessarie per la formazione dei futuri medici di Medicina Generale. Riforme quanto mai necessarie a meno che non si intenda di fatto delegare la formazione specifica in Medicina Generale ai sindacati. Solo se ci sarà il coraggio politico di dare avvio a un cambiamento non più procrastinabile in tema di FSMG, si potrà allora affermare che è in atto un vero tentativo di rilancio dell’assistenza sanitaria primaria quale base fondamentale di tutto l’architrave del SSN».
Dopo il tweet-mob, non si esclude che la protesta possa essere riproposta come già successo in passato nelle piazze. «Però – avverte ancora Pananjia – in Italia è indispensabile aprire una discussione seria, abbassando il livello di conflittualità, affrontando il problema dal punto di vista culturale. Ci sono troppe posizioni differenti e questo rappresenta un limite all’evoluzione di un percorso che rimane cristallizzato: sono troppe le paure del cambiamento e gli interessi di chi gestisce la formazione». A tal proposito, Panajia conclude mettendo in evidenza come «l’evoluzione in un percorso accademico darebbe avvio alla valorizzazione della formazione, consentendo l’attivazione del percorso di dottorato. Da una parte si riuscirebbe, così, ad ampliare l’attività di ricerca e dall’altra a dare vita alla formazione di una nuova generazione che porterebbero la Medicina Generale ad avere pari dignità del mondo dell’università. Questo – incalza – servirebbe a portare i temi delle cure primarie e la MMG anche nell’insegnamento pre-laurea e sarebbe un passaggio fondamentale anche per cambiare la formazione universitaria. Se la professione – conclude il vicepresidente SIGM – riesce a scavalcare questo cambiamento, si arriverà ad una evoluzione estremamente positiva per la formazione Medina Generale e la formazione in medicina nel suo complesso».