La ricerca Ame ha evidenziato forte presenza di rischi da burnout negli endocrinologi, costretti nel 92% dei casi costretti a cambiare mansione
Vulnerabili, preoccupati e messi alla prova durante la pandemia: è la fotografia degli endocrinologi emersa dalla survey sul burnout e stress emotivo. Anche se non colpiti direttamente da Covid, gli endocrinologi hanno subito un duro colpo dal punto di vista professionale.
Costretti a cambiare mansioni lavorative (37,5%) o a modificare la propria attività lavorativa come conseguenza della pandemia (il 92%); scarsamente coinvolti nelle strategie decisionali sul luogo di lavoro (solo il 21% dichiara coinvolgimento); dichiarano che non sempre hanno ricevuto dispositivi di protezione individuale; preoccupati per sé, per la propria famiglia e per i pazienti (4,5% riferisce senso di vulnerabilità per sé, il 23,3% per la propria famiglia e il 53% per sé, la famiglia ed i pazienti); lavorano più del previsto; vivono conflittualità nell’ambiente lavorativo («eccessiva» nel 20.6%). Ad essere colpiti maggiormente sono le donne (78%) e i giovani medici (77%).
L’indagine condotta dall’Associazione Medici Endocrinologi (AME) in pieno periodo pandemia, mette in evidenza anche un altro dato: nonostante la pressione e i cambiamenti, gli endocrinologi mantengono un livello di burnout simile a quello emerso nella stessa indagine dello scorso anno. «L’analisi dei dati – dichiara la dottoressa Simonetta Marucci, endocrinologa Ame – ci porta a presumere che i medici stiano mantenendo un livello di attenzione in una situazione di emergenza ma che ai primi segni di rallentamento possa esplodere un boom di situazioni di burnout diffuso tra i medici».
Il burnout è definibile come l’esito patologico di un processo stressogeno ai danni di un professionista della salute che non risponde in maniera adeguata ai carichi eccessivi di stress che il loro lavoro lo porta ad assumere. È un fenomeno preoccupate soprattutto negli Stati Uniti dove colpisce il 50% dei medici. Da tempo, è stato già messo sotto la lente d’ingrandimento anche per le ripercussioni sui sistemi assicurativi e sull’organizzazione sanitaria, dato che è tra le cause dell’errore medico, causa di eventi avversi nei pazienti.
Secondo la survey, gli ospedalieri risultano avere il più alto esaurimento emotivo seguiti dagli ambulatoriali. La realizzazione personale maggiore si trova nella libera professione, poi negli ambulatoriali e infine i meno realizzati appaiono gli ospedalieri, con differenze significative.
«Il burnout è un fenomeno complesso che richiede programmi definiti e precise strategie di prevenzione – ha concluso Marucci -. Certamente controlli periodici e rilevazione possono ridurre l’entità del fenomeno ma solo accurati programmi di informazione, gestione del personale e training formativi possono ridurre la portata del problema. Le strutture medico ospedaliere devono tenere presente che la riduzione del burnout degli operatori si traduce in vantaggio per i pazienti».
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