L’Avvocato Marco Croce, della rete di Consulcesi & Partners, commenta una sentenza che ha impatto diretto sul lavoro (e sulla responsabilità professionale) dei camici bianchi
Una sentenza che «rappresenta una nuova affermazione di un principio antico quanto attuale: quello dell’autonomia del professionista della salute». Insomma, la «riaffermazione della dignità della professione medica». Così l’avvocato Marco Croce, della rete di Consulcesi & Partners, commenta la sentenza n.419 del 15 gennaio 2022 con cui il Tar del Lazio ha annullato la Circolare del Ministero della Salute (mutuata dalle Linee Guida dell’Aifa) inerente la “Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da Sars-CoV-2” aggiornata al 26 aprile 2021.
In particolare, si fa riferimento alla parte in cui, nei primi giorni di malattia da Covid-19, prevede una “vigile attesa” e somministrazione di Fans e Paracetamolo e nella parte in cui pone indicazioni di non utilizzo di tutti i farmaci generalmente utilizzati dai medici di medicina generale per i pazienti affetti da Covid-19. Secondo il Tribunale amministrativo regionale quanto previsto dalla circolare «si pone in contrasto con l’attività professionale così come demandata al medico nei termini indicati dalla scienza e dalla deontologia professionale». Ma cosa cambia alla luce di questa sentenza, sia a livello lavorativo che dal punto di vista della responsabilità professionale, per il medico che segue pazienti Covid?
«Questa sentenza ha annullato la circolare del Ministero della Salute che conteneva le linee guida sulla gestione domiciliare dei pazienti con infezione da Covid-19. Queste linee guida prevedevano la centralità della cosiddetta vigilante attesa e la somministrazione di farmaci, come il paracetamolo, nel contesto di una positività non caratterizzata da sintomi allarmanti ma soltanto sotto sorveglianza. La decisione del Tar del Lazio si basa su una osservazione di carattere preliminare e su una considerazione di merito».
«L’osservazione di carattere preliminare è che non ha rilievo l’eccezione formulata dalla difesa del Ministero della Salute secondo cui il dicastero si sarebbe limitato a recepire una nota dell’Aifa che, non essendo stata autonomamente impugnata, avrebbe comportato l’inammissibilità del ricorso. Il Tar ha osservato che, dal momento in cui il Ministero ha recepito integralmente le indicazioni dell’Agenzia italiana del farmaco, trasformandole in linee guida, il provvedimento ha assunto contorni propri, e dunque tali da poter essere resi oggetto di censura davanti al giudice amministrativo».
«Entrando nel merito, il Tar ha formulato una motivazione con cui ha richiamato sostanzialmente il primato della “scienza e coscienza” del medico che non può essere vincolato ad un’unica soluzione in presenza di una molteplicità di scenari. Questo perché la positività al virus, correlata alle condizioni della persona assistita, non può essere ristretta nell’unica, vincolante e priva di alternative soluzione della vigile attesa. Con ciò è stato riconosciuto che l’autonomia del professionista sanitario, anche nella prescrizione, non può essere così intensivamente limitata, contravvenendo in qualche modo anche alle stesse normative sulla responsabilità del medico. Questa deve essere correlata sia ad un margine di discrezionalità del professionista, sia alla deontologia dell’operatore della salute, il quale può indicare soluzioni diverse da un rigido schematismo ministeriale».
«Il professionista sanitario, in questo caso il medico, non può essere confinato in un preconfezionamento standard di soluzioni, data la molteplicità degli aspetti da considerare in ogni patologia».
«Aumentano, allo stesso tempo, sia l’autonomia che la responsabilità del medico, nel monitorare e nel dare indicazioni circa le scelte che la persona assistita deve prendere quando è positivo. Parliamo dunque della possibilità di anticipare il ricovero o valutare una alternativa terapeutica».
«Non aumentano. Consideriamo che potrebbe essere un rischio anche assoggettarsi acriticamente ad una circolare ministeriale in presenza di chiari indici di obbligo di una soluzione alternativa. Una circolare ministeriale, ricordiamolo, non ha valenza di legge. Il codice deontologico e la legge 24 del 2017 (la c.d. Legge Gelli-Bianco, nda), nonché la stessa normativa generale che riguarda l’operato dei professionisti della salute e dei medici, impongono al medico di mantenere una propria individualità nell’affrontare ogni singolo caso. Le stesse linee guida, così come le buone pratiche, possono essere derogate in presenza di una scienza consapevole e ponderata dal medico in presenza di fattori eccezionali che indichino la necessità di dover adottare una soluzione diversa. In questo caso, ovviamente, è molto rilevante il peso della responsabilità che si assume il medico. Detto questo, come confermato dal Tar stesso, il medico può adottare soluzioni eterogenee in base a scienza e coscienza».
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