Il progetto Relief nasce in Campania con l’obiettivo di creare un coordinamento regionale pe garantire la presa in carico e il monitoraggio dei processi di cura
Ogni anno, nella sola regione Campania, il dolore cronico colpisce tra le 80mila e le 100mila persone. Non solo pazienti oncologici (che di questa popolazione rappresentano in realtà solo il 10%) ma soprattutto cittadini affetti da patologie muscolo-scheletriche. Nel 3% di questi pazienti, il dolore cronico è causa di disabilità, intesa come alterazione permanente dello stato funzionale. Si tratta di cittadini che necessitano di cure e terapie mirate, di una presa in carico ben strutturata che garantisca loro il mantenimento di una qualità della vita migliore possibile.
Nonostante esista una legge, la 38/2010, approvata all’unanimità in Parlamento, per assicurare l’accesso alla terapia del dolore e alle cure palliative a tutti i cittadini che ne abbiano bisogno, compresi quelli in età pediatrica, la realtà consiste invece in una disapplicazione tanto costante quanto uniforme di questa legge sull’intero territorio nazionale.
Al netto di (poche) regioni virtuose, infatti, nella maggior parte delle regioni, tra cui la Campania, manca una rete di coordinamento locale sulla terapia del dolore. Il risultato è che in questa Regione al 50-60% dei pazienti non viene garantita una presa in carico efficace e tempestiva. E se in Italia il dolore cronico ha un peso sulle casse dello Stato di circa 10 miliardi all’anno (il 2% del PIL), nella sola Campania si parla di 1 miliardo all’anno.
A cercare di porre un rimedio a questa frammentazione, che si traduce in gravi lacune assistenziali a danno dei cittadini, è il Progetto Relief, guidato da un board di esperti tra cui il dottor Arturo Cuomo, Direttore S.C. Anestesia, Rianimazione e Terapia Antalgica presso l’IRCCS Fondazione Pascale di Napoli, che ai nostri microfoni ha illustrato la situazione.
«Nel luglio 2020 la Conferenza Stato-Regioni ha recepito la proposta della Commissione Ministeriale di cui all’epoca facevo parte sull’accreditamento delle reti per la terapia del dolore – spiega Cuomo – dando un anno di tempo alle Regioni per applicarle. Purtroppo questo recepimento, nella pratica, è slittato anche a causa della pandemia. Da due anni e mezzo c’è inoltre un codice di specialità ospedaliero per la terapia del dolore, il codice 96. Ciononostante in molte strutture non viene ancora applicato».
«Con il Progetto Relief chiediamo di raggiungere due obiettivi principali: il primo – afferma il primario – è la consapevolezza a livello istituzionale degli organismi sanitari e sociali di ogni Regione sul dolore cronico e sull’applicazione delle normative basate sull’articolo 32 della Costituzione, che sancisce il diritto alla cura. Il secondo è che le Regioni recepiscano l’accordo del luglio 2020 avviando quindi le reti regionali per la terapia del dolore, con un coordinamento regionale articolato in maniera tale da assicurare ai pazienti affetti da dolore cronico un continuum di cure e una presa in carico per tutto il loro percorso terapeutico».
«Insita nella proposta di accreditamento – aggiunge – è poi la presenza di un monitoraggio per i dati clinici, per le procedure, per gli indici di spesa ma soprattutto sul rispetto dei criteri di equità di accesso. Non è ammissibile, infatti, che un cittadino residente in provincia abbia meno chance di chi vive in grandi città magari in prossimità di un centro specializzato».
«Chiediamo poi che – sottolinea Cuomo – così come prevede la legge, a tutto questo si aggiunga un maggiore impulso alla formazione continua, perché il livello di equità si deve confrontare necessariamente anche con il livello di appropriatezza, e l’appropriatezza non può prescindere dalla formazione. Ricordiamoci, infatti, che il primo livello di cura è la Medicina Generale, è chiaro quindi che deve esserci un certo livello di conoscenze diffuso cui solo un coordinamento regionale può provvedere attraverso un’informatizzazione del sistema e un’omogeneità di formazione. É una legge nata per il cittadino – osserva Cuomo – ma paradossalmente il cittadino la ignora, così come purtroppo la ignorano anche molti medici».
«Il dolore cronico è oggi definito come malattia biopsicosociale, e come tale va affrontato, così come per le disabilità. Attualmente in Campania vige ancora la suddivisione in hub e spoke per la presa in carico, come da decreto regionale 22/2015. Ma se andiamo a vedere i numeri – spiega ancora Cuomo – il 50-60% dei pazienti non sono presi in carico. A mancare è appunto un coordinamento regionale che accompagni il paziente nel percorso, che può fermarsi al medico di famiglia o a un centro di primo livello, ma che molto spesso ha bisogno invece di un hub. Nella pratica invece assistiamo ai continui pellegrinaggi dei pazienti che vengono inviati in maniera tardiva. Questo perché purtroppo ad oggi, dal momento di una necessità terapeutica evidenziata da una diagnosi al momento di una visita specialistica per la cura del dolore cronico passano anche molti mesi – conclude – e quindi molti pazienti si perdono e disperdono in questo percorso».
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