Il presidente Aito: «Al nuovo direttivo auguro di riuscire a condurre la professione nel team di prevenzione, cura e riabilitazione e di creare rete con studenti, mondo universitario e società scientifiche»
Sono rimasti isolati dal resto del mondo per settimane e, nei casi peggiori, anche per mesi. Attaccati ad un respiratore e nutriti attraverso un sondino. Superata la fase critica, hanno dovuto reimparare a respirare e mangiare in modo autonomo. E ci sono riusciti grazie all’assistenza del personale sanitario impiegato nei reparti Covid.
Ma chi si è preso cura di questi pazienti una volta tornati a casa? «È compito del terapista occupazionale guidare l’individuo nella gestione della routine ritrovata e di tutte le attività di base, come lavarsi, vestirsi, mangiare, e di quelle più complesse – spiega Gabriella Casu, dell’Ufficio di Presidenza Aito, l’Associazione Italiana Terapisti Occupazionali -. Molti studi hanno dimostrato che, in caso di malattia, i pazienti hanno bisogno di più sostegno sociale, compreso l’assistenza fisica e psicologica fornita da familiari, amici, operatori sanitari e istituzioni competenti per far fronte alle difficoltà. Ma la malattia da Covid-19 non ha precedenti e non siamo ancora in grado di quantificare il livello di stress e ansia che ha generato e che tuttora sta causando a livello globale», aggiunge la terapista occupazionale.
E allora come sarà possibile garantire un sostegno a questi pazienti, in attesa che la scienza ci dica qualcosa in più su questo virus e sui suoi effetti a livello psico-fisico? «La ricerca nel campo della psicologia positiva – risponde Casu – ha ulteriormente confermato che partecipare ad occupazioni significative, che si traducono in emozioni positive, aiuta a costruire la resilienza e ad alimentare il benessere mentale. Nel contesto del Covid-19, la valutazione e il monitoraggio psicosociale dovrebbero includere domande sui fattori di stress correlati al virus (l’esposizione a fonti infette, familiari contagiati, perdita di persone care e allontanamento fisico), avversità secondarie (la perdita economica), effetti psicosociali (depressione, ansia, preoccupazioni psicosomatiche, insonnia, aumento dell’uso di sostanze e violenza domestica) e indicatori di vulnerabilità (condizioni fisiche o psicologiche preesistenti)».
Con la Vocational therapy, il terapista occupazionale valuta le abilità, gli interessi, i valori e i punti di forza per aiutare le persone a mantenere, modificare o trovare un impiego appropriato. «Il coronavirus ci ha insegnato che dobbiamo utilizzare maggiormente le reti territoriali e fare prevenzione primaria e secondaria, motivo per cui – aggiunge la professionista – è necessario aumentare il fabbisogno formativo del terapista occupazionale, perché possa essere presente nelle case della salute, nelle co-housing, nelle RSA, nelle strutture diurne e residenziali, nelle scuole e in tutti i contesti di vita e sanitari nei quali è presente una restrizione alla partecipazione alle attività produttive e significative della vita quotidiana».
E questo sarà sicuramente uno dei tanti impegni su cui dovrà lavorare il prossimo consiglio direttivo di imminente insediamento. «Il nostro mandato sarebbe dovuto terminare a marzo – spiega il presidente Aito, Michele Senatore -. Ma in quel periodo non è stato possibile procedere al rinnovo. I consiglieri si sono perciò caricati di guidare l’Associazione anche in quel frangente, promuovendo le competenze del terapista occupazionale ai tempi del coronavirus».
«Ora è arrivato il momento di lasciare il campo alla nuova reggenza – continua Senatore -: auguro al nuovo Direttivo di riuscire a portare a compimento le delibere assembleari, la professione nel posto che merita nel team di prevenzione, cura e riabilitazione in tutti gli ambiti, di creare rete con tutto ciò che ruota intorno alla terapia occupazionale, dagli studenti al mondo universitario, fino alle società scientifiche. In altre parole di condurre l’associazione al meglio. Perché – conclude Senatore – come scrisse Calvino ne “Il Barone Rampante”: “Le associazioni rendono l’uomo più forte e mettono in risalto le doti migliori delle singole persone, e danno la gioia che raramente s’ha restando per proprio conto”».
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