Il presidente AITO: «Il Terapista Occupazionale ha un ruolo fondamentale nel rientro lavorativo della persona non solo dopo infortunio o patologia, ma anche dopo il Covid-19. Anche in Italia, seppur ancora limitatamente, stanno emergendo esempi in questo campo»
L’Italia è tra i paesi europei con la media più bassa di lavoratori disabili, con differenze sostanziali tra uomini e donne e tra il nord e il sud della penisola (dati ANDEL). «Eppure – assicura Christian Parone, presidente dell’AITO (Associazione Italiana Terapisti Occupazionali) – avere un lavoro aiuta a migliorare l’autonomia, favorendo progetti di vita indipendente, ma anche a sentirsi parte della comunità, ad avere un’identità ed una dignità».
«Potrò tornare a lavorare e mantenere il mio ruolo produttivo nella società? È questa uno delle prime domande che la persona adulta ci pone. Interrogativo simile a quella di molti genitori di figli con disabilità: potrà sostenersi e realizzarsi?», racconta Parone. Una delle sfere per cui i terapisti occupazionali si adoperano, infatti, è la produttività, che comprende anche le attività riconducibili al mondo del lavoro. «Il nostro intervento – continua il presidente AITO – mira a rendere il nostro assistito pronto anche nel campo lavorativo e lo fa attraverso un’accurata valutazione della performance, l’utilizzo di strategie personalizzate per l’abilitazione o il recupero funzionale delle competenze lavorative della persona, individuando e adottando modifiche ambientali e accomodamenti ragionevoli al luogo e alla postazione di lavoro. Non meno importante è la partecipazione alla scelta e all’ideazione di ortesi congiuntamente o in aggiunta a specifici ausili utili per effettuare l’attività lavorativa», aggiunge il terapista occupazionale.
In uno studio di recente pubblicazione, che ha coinvolto diversi paesi come Giappone, America e Spagna (Asaba 2022), partendo dall’evidenza che il Terapista Occupazionale ha un ruolo fondamentale nel rientro lavorativo della persona dopo infortunio o patologia, ne è stato suggerito l’impiego anche nel ritorno a lavoro dopo il Covid-19. «Anche in Italia, seppur ancora limitatamente, stanno emergendo esempi in questo campo, come il progetto “Una Mano” nato a Reggio Emilia per facilitare il mantenimento del posto di lavoro e il reinserimento lavorativo di persone affette da malattia oncologica – racconta Parone -. Il paziente viene accompagnato dal Terapista Occupazionale in un percorso di rientro al lavoro, andando a creare un piano personalizzato che prevede anche la visita sul posto di lavoro, per valutare eventuali ostacoli e soluzioni».
Il campo di azione è molto complesso, così per offrire un intervento efficace, tempestivo e personalizzato, è necessario un lavoro di equipe. «Tra le varie figure professionali con cui può interagire il terapista occupazione c’è il disability Manager. Si tratta di un professionista del campo della salute, tecnico-amministrativo, legale che dopo un percorso specifico, acquisisce “competenze” aggiuntive che possono integrare una professionalità preesistente: architetto, avvocato, assistente sociale, terapista occupazionale e così via. Il suo ruolo può cambiare molto, anche in base ai diversi contesti di lavoro: istituzioni, enti locali, ospedali, aziende, scuole e università». Dalla comunione di intenti di Terapisti occupazionali e disability manager è nato qualche anno fa un protocollo d’intesa per realizzare percorsi di sensibilizzazione e di formazione che favoriscano l’inserimento lavorativo e la piena partecipazione alla vita sociale delle persone con disabilità. «Il protocollo – conclude Parone – verrà rinnovato a maggio, durante il prossimo Congresso Nazionale AITO che si svolgerà a Roma presso l’Università Sapienza».
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