Il doppio imbuto formativo, all’ingresso e a metà percorso «ci porta ad avere dei medici con età media in ingresso professione troppo alta rispetto all’Europa», spiega il rettore dell’Università di Firenze, Luigi Dei che commenta il tanto discusso numero chiuso
Numero chiuso, borse di specializzazione e diritto allo studio: all’indomani del test di Medicina 2019, svoltosi il 3 settembre in tutta Italia, si accende il dibattito sulle criticità del sistema di formazione delle professioni sanitarie. Del resto, la storia si ripete: c’è chi lamenta uno sbarramento iniziale che premia più la fortuna del merito, se non peggio i “furbetti”; chi invece pone l’attenzione sul doppio imbuto informativo che bloccherebbe a metà percorso circa la metà degli studenti, molto spesso già avanti con l’età proprio per il test di accesso al primo anno.
«In genere abbiamo circa un 40% di accessi che non sono al primo tentativo», spiega il rettore dell’Università degli Studi di Firenze, Luigi Dei, interpellato proprio in occasione della prova che ha visto concorrere nelle aule di Fortezza da Basso quasi duemila ragazzi per poco più di trecento posti disponibili. «Questo è un po’ normale per la questione dell’imbuto – continua il rettore -. Stando un anno in corsi di laurea abbastanza similari al corso di medicina si possono studiare quelle discipline che poi finiscono nel test e quindi è chiaro che al secondo o al terzo tentativo, se è stato fatto un anno di studi e approfondimento, c’è una maggiore probabilità di successo. Questo ovviamente porta anche a un limite: innalza l’età media dei laureati medici, perché evidentemente entrare a diciannove, a venti o a ventuno anni, visto che è un percorso anche molto lungo…Noi abbiamo sempre in testa sei anni, ma abbiamo sei più quattro o più cinque, perché un medico se non è specializzato, ovviamente non è ancora niente»
«Il tema principale non è tanto il numero chiuso che peraltro quest’anno è incrementato di circa il 20%. Il problema è il doppio imbuto. Ci dovrebbe essere una programmazione per cui stabiliamo di quanti medici ha bisogno il Paese fra dieci anni, perché oggi qui concorrono quelli che saranno medici tra dieci anni, se va bene. A quel punto non ci dovrebbe essere il secondo imbuto con un’altra strozzatura al 50%, questo ovviamente non può funzionare. Ci porta ad avere dei medici con età media in ingresso professione troppo alta rispetto all’Europa».
Servirebbero più borse di studio e maggiori finanziamenti. «Sì, servirebbero più borse di specializzazione, questo è il grande tema. Il tema della specializzazione, a mio modo di vedere, è cruciale, oggi come oggi, del tema del primo accesso».