La voce degli studenti contro il muro del numero chiuso: “Non è giusto. Devono formare medici, non macchine”
Un muro. È questa l’immagine, non solo simbolica, che si sono trovati di fronte gli aspiranti studenti di Medicina ed Odontoiatria, oltre 60mila, che hanno preso parte ai test per entrare nel numero chiuso fissato quest’anno a quota 9513.
Contro questo muro e contro tutte le storture di un test che anno dopo anno produce frustrazione e valanghe di ricorsi, si sono scagliati, anche qui non solo simbolicamente, associazioni studentesche e sindacati. Intanto, Consulcesi, la più grande realtà della tutela legale di medici e aspiranti camici bianchi, lancia lo sportello virtuale www.numerochiuso.info per raccogliere proteste e testimonianze e mettere a disposizione i suoi legali per i ragazzi esclusi che sceglieranno la strada dei ricorsi per essere riammessi a Medicina.
«C’è una cosa che noi oggi dobbiamo denunciare, il problema del numero chiuso, non è solo il problema degli studenti che non riescono ad accedere alla Facoltà di Medicina, che non riescono ad ambire a quello che vogliono fare, cioè diventare medici e aiutare questa società. Ma oggi il problema si riversa anche sul Servizio sanitario nazionale, e in questi giorni abbiamo pubblicato un dossier da cui emerge che il problema dell’accesso è anche un problema della qualità della nostra salute e della sanità pubblica. E allora basta, bisogna abbattere il numero chiuso. Non solo per il futuro dei giovani, ma ne vale la pena per il futuro del nostro paese» scandisce a gran voce Alberto Campailla, portavoce nazionale di LINK, mentre continuano a sfilare i ragazzi che hanno appena ultimato i test.
Ma quali domande hanno messo più in difficoltà gli aspiranti medici? «Senza ombra di dubbio quelle di chimica sono state molto difficili» racconta Roberto. Anche la cosiddetta “cultura generale” con Spadolini e l’Expo a Parigi ha fatto trasecolare gli studenti: «Sì, sicuramente, diciamo che erano un po’ a trabocchetto» commenta Emilia. Altri ragazzi, pochi favorevoli e molti contrari, tornano a ragionare sul “muro” del numero chiuso: «Non è affatto giusto. Un medico deve essere innanzitutto una persona, non una macchina, per portare alla guarigione un malato» spiega Wena.
Affidarsi ai ricorsi? «Sì, può essere una strada da percorrere. Un test non sempre ti consente di esprimere in pieno ciò che hai studiato» commenta Giacomo, uno dei ragazzi a caldo, appena uscito dall’aula degli esami.
«Il ricorso diciamo che è uno strumento politico per dimostrare quanto sia fallace questo sistema. L’alternativa passa per i finanziamenti perché ammettere solamente 10mila persone in un corso di laurea come medicina è dovuto solamente alla carenza di finanziamenti e alle storture interne del sistema. Aumentando i finanziamenti probabilmente potremmo assumerne molti di più e, dunque, farne inserire molti di più» conclude Gianluca Scuccimarra, Coordinatore Nazionale UDU.
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