All’indomani del polverone sollevato dallo spot che incoraggia i cittadini a denunciare casi di malasanità, l’intervista all’ex presidente del Consiglio ora presidente della Fondazione ItalianiEuropei: «L’importante è trovare sedi di conciliazione altrimenti il rischio è il logoramento del rapporto medico-paziente»
«Il nostro Sistema sanitario è un valore, e come tale va difeso». Lo dichiara Massimo D’Alema, ex presidente del Consiglio dei Ministri, attualmente presidente della Fondazione ItalianiEuropei che, ai microfoni di Sanità Informazione, ha raccontato la sua idea di sanità soffermandosi sui punti di forza ma anche sulle debolezze di un SSN che «va preservato al meglio».
Presidente i medici sono sotto attacco: ci sono organizzazioni che speculano su presunti errori medici ed è stata lanciata una petizione per incentivare la nascita di un Tribunale della salute dove medici, cittadini, associazioni, avvocati e anche magistrati si possano incontrare per snellire questo contenzioso. Che ne pensa?
«Ritengo sia fondamentale difendere quello che è un valore nel nostro Paese, cioè la professionalità dei medici e il valore di un Sistema sanitario nazionale che è considerato, anche a livello internazionale, un presidio della salute dei cittadini italiani per cui l’Italia dovrebbe essere orgogliosa. Effettivamente trovo che ci sia un eccesso di ricorso allo strumento giudiziario – nella stragrande maggioranza dei casi senza effetto -, ciò vuol dire in modo artificioso e arbitrario. C’è chi cavalca questo sentimento, dunque bisogna reagire per tutelare i diritti del malato nei confronti di un medico che ha sbagliato ma, onde evitare una sorta di panpenalismo, è importante trovare delle sedi di conciliazione, delle forme di controllo condivise perché altrimenti il rischio è che questa conflittualità – che viene anche incoraggiata tra gli ammalati, i cittadini e i medici – finisce per danneggiare non soltanto l’esercizio della professione medica ma anche gli stessi ammalati. Questa è la verità ed è il rischio vero che in questo momento si corre; anche perché i medici, intimoriti da queste campagne, è difficile che si prendano la responsabilità di una terapia innovativa, coraggiosa che magari potrebbe salvare la vita di una persona ma che naturalmente esporrebbe il medico in caso di insuccesso a dei rischi. Quindi scatta una sorta di atteggiamento conservativo che alla fine danneggia il malato».
Dunque lei ha firmato questa petizione che incoraggia la formazione di un Tribunale della salute che trovi un compromesso conciliativo fra le parti?
«Ho firmato con convenzione la petizione di Consulcesi, perché penso che creare un organismo dove medici, pazienti, giuristi, avvocati e magistrati possano confrontarsi, possa riuscire ad evitare un intasamento della giustizia penale e civile e anche trovare quelle forme di collaborazione che tutelino i diritti di tutti».
Lei ha fatto riferimento ad un eccesso di denuncia. Ma il medico sappiamo che in Italia è sottoposto anche ad altri motivi di stress…
«La verità è che rischiamo in Italia di avere un collasso della struttura sanitaria pubblica anche per mancanza di operatori sanitari, medici e non soltanto. Questo è un grandissimo problema affrontato in modo irresponsabile. Penso che anche queste campagne sulla malasanità non guardino i dati reali; il dato reale nel nostro Paese è che la spesa sanitaria è la più bassa tra i grandi paesi sviluppati e che il nostro apparato offre ai cittadini qualcosa che negli altri paesi non c’è. Una specie di miracolo, infatti con poco -veramente poco più del 6% del PIL -, si offre un servizio che altri paesi non sono in grado di offrire. Questo valore va tutelato, va tutelata la professionalità dei medici. Bisogna che i medici che hanno fatto la specializzazione e che avevano diritto, sulla base di normative europee, ad avere un adeguato compenso e non l’hanno avuto, vengano risarciti. Io credo fortemente che le istituzioni debbano un’attenzione alla professione medica che in questi anni è sfuggita al controllo. Bisogna tornare a investire sul SSN eliminando quella che è una logica indiscriminatamente restrittiva, perché il nostro apparato sanitario è un bene dei cittadini italiani, non solo dei medici ma di tutti gli italiani».