«Prima del 2015, quando è stata recepita la direttiva tantissimi medici hanno subìto dei danni a causa della violazione degli obblighi comunitari»
Il carico di lavoro dei medici italiani è sempre più pesante e la pandemia l’ha reso insostenibile. Sono sottoposti a turni massacranti, spesso senza rispettare il loro contratto di lavoro e la normativa europea. Quindici ma anche venti ore in ospedale, pochi giorni di riposo, le ferie un’utopia. Ne escono sfiniti nel corpo e nella mente.
Un annoso problema, aggravato dalla carenza di personale, per cui l’Italia è stata anche sanzionata dall’Unione Europea.
La direttiva 2003/88/CE, infatti, stabilisce un orario settimanale massimo di 48 ore – compreso lo straordinario – e un periodo di riposo giornaliero di 11 ore consecutive.
Pur recependo la direttiva, l’Italia ne ha annullato gli effetti dal 2008 al 2015 escludendo il personale del SSN. «Lo stato italiano, escludendo i medici e gli operatori sanitari, non ha correttamente recepito la direttiva comunitaria che prevedeva un numero massimo di ore e l’obbligo di riposi giornalieri e settimanali per tutti i lavoratori» precisa l’avvocato Marco Tortorella nell’intervista a Sanità Informazione. «Per questo – prosegue – ha ricevuto una procedura di infrazione da parte della Commissione europea che è stata sanata solo nel 2015».
Per molti anni, dunque, i professionisti sanitari sono stati privati di tutele garantite a tutti i lavoratori. Non solo in contrasto con la normativa comunitaria, ma anche con le raccomandazioni internazionali. Il mancato rispetto delle ore di riposo, infatti, può causare rischi ai pazienti.
Il 25 novembre 2015 il nostro paese si è uniformato solo a livello formale, perché come è noto, le irregolarità continuano. «Per gli anni precedenti a questa data – continua l’avvocato Tortorella – ci sono stati tantissimi medici che, a causa della violazione degli obblighi comunitari, hanno subìto dei danni».
Per il periodo precedente al 25 novembre è possibile chiedere il rimborso. Oltre 80mila euro per 6 anni di lavoro, sia nel caso in cui le ore lavorate in eccesso siano state pagate, sia se questo non fosse avvenuto perché considerate nell’ambito dell’obiettivo di risultato.
«In questo caso – aggiunge Tortorella – i medici possono interrompere la prescrizione con una diffida. Si delega un legale che attraverso una procura provvederà a inviare una richiesta di risarcimento interruttiva della prescrizione che sappiamo essere decennale per una famosa sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione del 2009. La diffida è un passo che anticipa il contenzioso: «Consente di mettere al sicuro il loro diritto; i medici avranno tempo per agire, successivamente, con una vera e propria causa legale» conclude l’avvocato.
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