«Ancora ferme le risorse per la diagnostica di primo livello». E sui vaccini in farmacia: «Allora discutiamo della vendita diretta dei farmaci dai sistemi di cura»
«Sono stati mesi bui. Da allora e ancora oggi ci interroghiamo su cosa avremmo potuto fare e non abbiamo fatto. Questa domanda, credo, ci resterà irrisolta per tutta la vita». Questo uno dei primi passaggi della relazione di Silvestro Scotti, segretario nazionale della Federazione italiana medici di Medicina Generale, al congresso in corso a Villasimius, in Sardegna. Parole pronunciate con evidente commozione da Scotti e accolte da una standing ovation dei presenti in sala.
Quindi, il ricordo dei medici che a causa del Covid hanno perso la vita: «Il grazie più forte, più sentito va a quelli che io voglio definire come gli assenti-presenti, ossia a tutti quei colleghi che oggi non hanno potuto essere qui perché travolti dal Covid-19. Questi colleghi, molti, troppi, lasciano un segno di presenza così profondo da rappresentare una cicatrice insanabile del nostro essere rappresentanti di questa categoria professionale».
Durante quel periodo, «è stato necessario intervenire con una legge, per ottenere, come un diritto nostro e come un dovere per i direttori generali, che anche i medici convenzionati fossero protetti. Ma l’emanazione di una legge dello Stato non sempre garantisce la sua dovuta applicazione. Per questo oggi – ha sottolineato Scotti – chiediamo con forza che siano rimossi dai loro incarichi i direttori generali che non assolvono a un dovere di legge. Chiediamo al Governo che ci sia una commissione d’inchiesta perché non si continui a far finta di niente rispetto alla tutela di un settore strategico come il nostro, rispetto al dover gestire anche per noi la sicurezza nell’attuale fase endemica del SARS-CoV-2».
«Pensare di poter gestire pazienti asintomatici o pauci-sintomatici senza mettere in condizione questi medici di avere le giuste protezioni ci appare inimmaginabile – ha detto Scotti – e credo sia arrivato il momento di non fare più sconti a nessuno. Se le aziende non sono capaci di organizzare i fabbisogni dei Dispositivi di protezione per la Medicina Convenzionata trasferiscano a noi le risorse e noi ci occuperemo di garantire in sicurezza i colleghi, come abbiamo fatto nei periodi più critici».
«Il microteam diventa il soggetto capace di rispondere, nell’arco della giornata, alle richieste del cittadino offrendo una capacità di presa in carico a maggiore specificità assistenziale grazie all’azione non più del solo medico ma anche del suo team, composto da figure diverse e specifiche per caratteristiche e funzioni assistenziali. Un team consolidato dall’estensione della fiduciarietà riconosciuta al medico e trasferita anche ai collaboratori presenti nel suo studio».
«I famosi 236 milioni di euro contenuti nella legge finanziaria dell’anno scorso per la mini tecnologia sono ancora fermi- ha aggiunto il segretario Fimmg – . E appare paradossale che nonostante una legge finanziaria di stanziamento e nonostante il Covid, quelle leggi restino inascoltate».
«Ci appelliamo al Ministro Speranza, perché il Governo e le Regioni, nei loro diversi modelli organizzativi decentrati, chiariscano una volta e per tutte quale ruolo vogliano dare alla Medicina Generale: non vogliamo più accettare che questa valorizzazione sia sempre descritta nella volontà di tutti ma mai realizzata nella pratica della vita quotidiana di questi medici e dei cittadini che essi assistono».
«La quota capitaria oggi non appare più sufficiente né a motivare i medici già presenti nel processo, né i giovani che dovrebbero aspirare ad entrarci».
«Per tutto questo – ha evidenziato – serve che ci sia attenzione verso la Medicina Generale rispetto agli investimenti quali il Recovery Fund e, se si decidesse di richiederli, del MES, il Meccanismo Europeo di Stabilità. Ma la garanzia rispetto a tali investimenti potrebbe essere rappresentata proprio dalle caratteristiche tipiche della libera professione convenzionata».
«Vogliamo la diagnostica nei nostri ambulatori, partendo dai tamponi rapidi, vogliamo il superamento dei piani terapeutici, vogliamo un collegamento con la sanità digitale che crei quell’integrazione vera, cosiddetta “ospedale-territorio”, anche se avrebbe più senso dire “territorio-ospedale”».
«Un dibattito parlamentare che mette continuamente in discussione, con decine di emendamenti, il destino, il futuro, la consistenza stessa della Formazione per diventare Medico di Medicina Generale, non appare la soluzione ai nostri problemi anzi dissuade i giovani – ha detto Scotti passando al tema della formazione -. Forse il Parlamento potrebbe impegnare meglio il suo tempo a ragionare su come accelerare l’ingresso dei nostri giovani, rendendo il Corso di Formazione in Medicina Generale, un corso di Formazione lavoro chiamandolo una volta e per tutte per quello che è: una specializzazione in medicina generale, e, conseguentemente, programmandone i numeri e le risorse per le borse in coerenza con i fabbisogni».
«Confrontarsi con posizioni che affermano che per vaccinare di più servano più punti di accesso è veramente la soluzione? – si è chiesto Scotti in merito al dibattito sulla somministrazione dei vaccini in farmacia -. Noi crediamo di no. Crediamo invece che una programmazione più efficiente delle gare regionali, una sintesi successiva in Conferenza delle Regioni con una eventuale distribuzione solidale, ove necessaria, avrebbe creato meno problemi a medici e pazienti».
«Dopo aver discusso dell’infermiere di famiglia nel Distretto a dipendenza, del farmacista vaccinatore, perché non si discute della distribuzione dei farmaci diretta dai sistemi di cure primarie, prevista in Europa?».
«La prossimità può definire un valore di spazio e un valore di tempo – ha aggiunto Scotti parlando di un concetto caro al Ministro Speranza -. Qualche anno fa proprio in una relazione congressuale abbiamo sostenuto la rappresentazione del medico di famiglia per chilometro quadrato invitando a considerare in quale spazio si possa esplicitare un’offerta di medicina di famiglia. Ma il tema andrebbe affrontato partendo dalle risposte elementari che si possono dare nei territori più dispersi. Il sistema ha bisogno delle capacità della medicina di famiglia di poter adattare la propria offerta autonomamente ai territori nei quali s’inserisce. Per questo insieme a Cittadinanzattiva annunciamo la campagna “Non togliamo il medico di torno”».
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