Dalla presa in carico del paziente, alla realizzazione del prodotto finito: tutte le fasi di lavoro. L’esperto: «La mansione del tecnico ortopedico prende vita dalla prescrizione del medico specialista, ma il laboratorio è il vero cuore di ogni azienda»
Empatia: è questa la prima qualità che deve possedere un buon tecnico ortopedico. «Perché – assicura Corrado Bordieri, vice presidente Antoi (l’Associazione Albo Nazionale Tecnici Ortopedici Italiani) e professore a contratto in tecniche ortopediche all’università Cattolica di Roma, nonché presidente della società scientifica nelle tecniche ortopediche ISORTECS, che fa questo lavoro da 36 anni – un tecnico ortopedico non realizza un semplice presidio, ma uno “strumento” specifico per le esigenze individuali del paziente, al fine di migliorarne quanto più possibile la qualità della vita». Presìdi che, spesso, possono essere invasivi e dall’impatto estetico spiacevole.
«Far comprendere il significato terapeutico del dispositivo e i vantaggi che ne derivano, nonostante il sacrificio psicologico che l’utilizzo di protesi o tutori comportano – aggiunge Bordieri -, si traduce nell’aver iniziato il processo di accettazione della propria “diversità”». In altre parole si è già a metà dell’opera: «Per farlo – spiega il tecnico ortopedico – il professionista pone in primo piano anche la singolarità estetica del prodotto, ricercando design e geometrie accattivanti. E in questo la cultura italiana vanta una lunga tradizione». E proprio mentre pronuncia questa frase il dottor Bordieri mostra un plantare super colorato che di lì a poco sarà consegnato ad una piccola paziente.
Ma quale lavoro si nasconde dietro la realizzazione di un prodotto come questo plantare decorato con i colori dell’arcobaleno? «Tutto parte dalla prescrizione del medico specialista, dove viene indicata sia la patologia, sia gli obiettivi terapeutici del dispositivo occorrente – commenta Corrado Bordieri -. Nel caso di questa bambina, ad esempio, lo specialista ha rilevato un ginocchio valgo bilaterale, un piede pronato bilaterale e un’antiversione del collo del femore».
Acquisita la prescrizione ed esperita una valutazione tecnico-funzionale si passa al progetto del presidio: «Si deve fare un inquadramento olistico esaminando anche elementi che possono sembrare banali ma che, in realtà, non lo sono affatto – sottolinea Bordieri –, come postura, carattere, ambiente, comorbilità, presenza di fattori allergici o di dispositivi concorrenti o interferenti. Si valutano anche i bisogni e le attese del paziente, il livello di attività quotidiana o la pratica sportiva impegnata. Successivamente si redige la scheda-progetto, ossia il progetto esecutivo con cui verrà realizzato il presidio, con un’attenta valutazione dell’analisi dei rischi e a seguire la scheda-processo, dove sono riportate nel dettaglio tutte le fasi di lavorazione».
È soltanto a questo punto che il processo di produzione approda nel cuore di un’azienda di protesi ortopediche: il laboratorio. «Ogni reparto – spiega Bordieri – ha il suo colore identificativo. C’è una sezione dove si realizzano i plantari, un’altra in cui ci si occupa delle protesi, dei tutori e delle ortesi craniche». Un’area è dedicata esclusivamente ai corsetti e, tra tutti, Corrado Bordieri ne mostra uno caratteristico del passato, con la parte pelvica in cuoio e la sezione alta in metallo: «Questo esemplare – dice – fa parte del dna del tecnico ortopedico. È un busto datato, ma che ancora oggi conserva la sua efficacia». In un altro reparto del laboratorio c’è la sala gessi, fino ad arrivare alla parte più rumorosa e tecnologica dove si sovrappongono i frastuoni di forni, seghe a nastro e smerigliatrici, sempre all’opera.
Ma anche quando il prodotto è finito il lavoro del tecnico ortopedico continua. «È necessario effettuare delle prove funzionali sul paziente – spiega Bordieri – per verificare se il dispositivo realizzato è congruo alle sue esigenze. Una volta eseguita la finitura del dispositivo il tecnico ortopedico addestrerà il paziente all’uso spiegandone bene i limiti e le controindicazioni. Il processo di entrata in servizio del dispositivo sarà chiusa dal medico che, valutate sia congruenza morfologica e la conformità funzionale, darà corso al trattamento. A questo punto – conclude il vice presidente Antoi – resterà da definire i termini di controllo periodico del presidio, stabilendo il programma del follow-up necessario, nonché il ciclo di vita del manufatto, ovvero il termine del suo utilizzo prima di essere sostituito».