L’esperta spiega cosa fare nelle fasi preliminari alla riabilitazione: «Informare il paziente sul disturbo da cui è affetto. Individuare i campanelli di allarme che potrebbero indurlo ad avere una recidiva. Elaborare il passato. Comprendere la sua situazione lo aiuterà a migliorare l’aderenza terapeutica». Non mancano momenti di duro lavoro ma anche soddisfazione professionali
C’è chi ha commesso un reato perché nonostante fosse affetto da disturbi schizofrenici ha smesso di prendere i farmaci necessari. Chi ancora, per sfuggire ad una realtà familiare difficile, si è rifugiato nella droga e sotto l’uso di sostanze stupefacenti ha infranto la legge. Così, uomini e donne, per i crimini commessi e per la loro condizione psichica, si ritrovano a scontare la propria pena all’interno di una Rems, la Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza, e non dietro le sbarre di un carcere.
Un luogo in cui introdurre le telecamere è quasi impossibile, così per descrivere il lavoro del tecnico della riabilitazione psichiatrica ci siamo affidati al racconto di Laura Silveri, segretario nazionale dell’Associazione Italiana Tecnici della Riabilitazione Psichiatrica (A.I.Te.R.P.) che, all’interno di una un Rems, ci ha trascorso tre anni della sua carriera.
«Spesso – racconta il tecnico della riabilitazione psichiatrica – ci si trova di fronte a persone che hanno perso i normali ritmi di vita quotidiani ed hanno difficoltà a prendersi cura di sé. Per questo, il tecnico della riabilitazione psichiatrica – spiega Laura Silveri – li aiuta a riacquisire tutte quelle abilità che possedevano in precedenza e che, ora, hanno perduto. Ovviamente – aggiunge – non tutti i pazienti sono uguali: c’è chi non ha difficoltà nella gestione delle autonomie di base, chi nelle relazioni sociali».
A prescindere dalle loro singole storie di vita, tutti gli utenti delle Rems affrontano un percorso riabilitativo individualizzato, che comprende diverse aree di trattamento: «Innanzitutto – dice Laura Silveri – è necessario che il paziente sia informato del disturbo da cui è affetto. Insieme al tecnico della riabilitazione psichiatrica dovrà poi individuare i possibili segni precoci che scattano nelle situazioni a rischio, quelle in cui potrebbe presentarsi una nuova situazione di crisi. Se il paziente è messo al corrente di tutto ciò che gli accade e, soprattutto, riesce a comprenderlo – sottolinea il segretario nazionale A.I.Te.R.P. – migliorerà senz’altro la sua aderenza terapeutica».
Durante questo percorso il tecnico della riabilitazione psichiatrica lavora a stretto contatto con lo psichiatra e lo psicologo. E non solo: «Le figure sanitarie non sono le uniche con cui ci si rapporta – commenta Laura Silveri -. Il lavoro svolto da un tecnico della riabilitazione psichiatrica all’interno di una Rems è molto diverso da quello di chi si trova ad operare in altre strutture psichiatriche. È necessario confrontarsi anche con impegni di natura giuridica, collaborando, ad esempio, alla stesura della relazione che il giudice richiede periodicamente all’equipe».
Ma questa non è l’unica novità con cui si ritrova a fare i conti un tecnico della riabilitazione psichiatrica all’interno di una Rems. «Il nostro lavoro abbraccia tutte le 24 ore della giornata: dalla mattina appena svegli, passando alle attività di routine, fino al momento di andare a dormire. In tale tipo di struttura non vi è solo il setting tradizionale, ma si utilizzano tutti gli spazi e le attività quotidiane per stimolare nei pazienti il recupero delle abilità deficitarie. Essendo una struttura “chiusa” manca l’apertura alla vita reale, ma il paziente potrà gradualmente, secondo disposizione del giudice, anche accedere a strutture riabilitative “aperte” e proseguire il suo percorso di cura. Per tale motivo, è importante non tralasciare i rapporti con i DSM (Dipartimenti di salute mentale) di appartenenza del paziente e con la famiglia. Ogni paziente, a seconda dei suoi bisogni, prende parte ad attività più strutturate per migliorare la consapevolezza del proprio disturbo, oppure per imparare a gestire la propria impulsività o aggressività. Ancora, esistono interventi di risocializzazione con attività sportive o ludico-ricreative. Poi – spiega l’esperta – ci sono i laboratori in cui si insegnano mansioni semplici, come cucinare un pasto, o più complesse, come gestire i propri spazi di vita o prendersi cura della propria persona».
Un lavoro intenso che richiede delle specifiche qualità: «Ci sono delle caratteristiche personali che un tecnico della riabilitazione psichiatrica deve necessariamente possedere per lavorare all’interno della Rems – sottolinea Silveri -, come la propensione all’ascolto, all’empatia, la capacità di supportare il paziente senza mai sostituirsi alla sua persona. Ancora, tolleranza dello stress e delle situazioni frustranti, capacità di mettersi in discussione e gestire le proprie emozioni oltre che la possibilità di lavorare in gruppo».
I momenti di duro lavoro all’interno di una Rems non mancano mai, ma anche le soddisfazione professionali, di solito, non tardano ad arrivare: «Soprattutto – spiega il tecnico della riabilitazione psichiatrica – il professionista è appagato dalla relazione che instaura con i suoi pazienti. Quando nel rapporto subentra la piena fiducia, al punto tale che l’altro si apre e chiede aiuto spontaneamente, allora vorrà dire che avremmo svolto bene il nostro lavoro. Conquistare la fiducia dei nostri pazienti – conclude – è la soddisfazione più grande».