Intervista ad Eugenio Gaudio, ex Rettore della Sapienza e attuale Consigliere del Ministro dell’Università e della Ricerca per la formazione nell’area sanitaria e per i rapporti con il Servizio sanitario nazionale
Il territorio deve tornare al centro della formazione sia degli studenti della facoltà di Medicina sia di chi frequenta le scuole di specializzazione. Ne è convinto Eugenio Gaudio, ex Rettore della Sapienza e attuale Consigliere del Ministro dell’Università e della Ricerca per la formazione nell’area sanitaria e per i rapporti con il Servizio sanitario nazionale. «Oggi – spiega Gaudio – il medico deve essere, da un lato, uno scienziato, in quanto deve conoscere tutte le basi scientifiche delle malattie per poter curarle. Dall’altro però deve anche essere un umanista, dato che il suo rapporto con la persona curata e l’alleanza medico-paziente sono fondamentali».
Ma non basta, perché i camici bianchi del futuro devono essere anche «gestori capaci di amministrare e di utilizzare al meglio le risorse di un servizio sanitario che diventa sempre più costoso e tecnologico». E dunque, alla luce di tutto questo, come vanno formati i giovani che diventeranno le colonne portanti del Ssn di domani, affinché la figura del medico possa evolvere in questo modo? «È necessario – spiega Gaudio – aumentare la qualità della formazione da un punto di vista tecnologico e da un punto di vista legato al territorio e alla medicina di prossimità. Troppo spesso – continua – la formazione del giovane medico è stata incentrata principalmente sull’ospedale e sulle malattie da ricovero. Oggi, invece, è necessario puntare molto di più sulla prevenzione e sulle malattie che possono e vanno curate a casa o comunque sul territorio». Questo è, secondo l’ex Rettore della Sapienza, «il futuro della medicina», anche da un punto di vista non solo scientifico ma «culturale».
Oltre che qualitativamente la formazione medico-sanitaria in Italia necessita anche di investimenti che vadano a colmare le lacune che sono apparse così chiare in questo lungo periodo di pandemia. Ma qualcosa è già stato fatto: «In questi anni – spiega Gaudio – c’è stato un significativo aumento» dei posti nelle scuole di specializzazione, tant’è che «tra quest’anno e l’anno venturo riusciremo a recuperare quello che è stato l’imbuto formativo. Ovviamente, un servizio sanitario come il nostro ha bisogno di un numero significativo di addetti ben preparati». Ma la buona preparazione non è tutto, se non viene accompagnata da una serie di misure volte a rendere agli occhi del personale sanitario quanto più attrattiva possibile la possibilità di continuare a lavorare nel pubblico, senza che il settore privato o, peggio ancora, i servizi sanitari di altri Paesi ne approfittino per fare campagna acquisti. In questo senso, secondo Gaudio sarebbe molto utile anche avere un personale sanitario «ben pagato, soprattutto gli infermieri che sono tra i più sottopagati a livello europeo». Ci vuole dunque «un investimento, perché investire sulla salute significa investire sul futuro del nostro Paese». Questo perché «la salute dei cittadini è propedeutica a tutte le attività economiche e culturali del Paese stesso».
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