La proposta del Migep, il coordinatore nazionale Angelo Minghetti: «L’assistente infermieristico è già operativo in Francia. Attraverso un corso di formazione di 2 mila ore acquisisce molte delle competenze dell’infermiere. Potrebbe essere il supporto ideale per tutte quelle Rsa che, durante la pandemia da Covid-19, hanno visto migrare il proprio personale infermieristico verso le strutture pubbliche»
In Lombardia è stato definito “Vice-infermiere”, in Veneto Super-oss, ma in entrambi i casi si tratta di una figura istituita con il medesimo obiettivo: far fronte all’insufficienza di Infermieri e Oss, carenza amplificatasi durante la pandemia da Covid-19. Una soluzione che, però, ha scatenato non pochi malcontenti sia tra gli operatori sociosanitari, che tra gli infermieri.
«È sotto gli occhi di tutti quanto l’attuale gestione dei servizi Sanitari e Sociosanitari, in particolare sul fronte della mancanza del personale, infermieri e operatori socio-sanitari in primis, sia inadeguata – dice Angelo Minghetti, coordinatore nazionale del Migep, che all’argomento ha dedicato una lettera aperta rivolta alla classe politica e soprattutto a coloro a cui saranno presto affidate le redini del Paese -. Sia le strutture pubbliche che quelle private faticano a trovare personale per soddisfare i bisogni di salute del cittadino, e in molti casi, soprattutto nelle Rsa, si è costretti a ricercare personale estero per garantire il servizio assistenziale».
Per il coordinatore nazionale del Migep una soluzione immediata, in attesa di riforme più strutturate che rivoluzionino sia il mondo della formazione che della professione, potrebbe essere trovata istituendo una nuova figura professionale, quella dell’assistente infermieristico. «Si tratta di un professionista, già operativo in Francia, che attraverso un corso di formazione di 2 mila ore, acquisisce molte delle competenze dell’infermiere. Questa figura professionale potrebbe essere il supporto ideale per tutte quelle Rsa che, durante la pandemia da Covid-19, hanno visto migrare il proprio personale infermieristico verso le strutture pubbliche. Personale che non farà più ritorno nelle Rsa, considerando che queste residenze non offrono salari adeguati e spesso calpestano alcuni dei diritti fondamentali dei lavoratori».
Le discriminazioni denunciate dagli Oss non nascono solo dal confronto con altre professioni sanitarie e sociosanitarie, ma anche all’interno della stessa categoria: «La disomogeneità dal punto di vista normativo, contrattuale, formativo ed economico porta ad avere personale di serie A e di serie B. A. Ad avere la peggio sono gli operatori che operano nel comparto privato, in particolare tra Cooperative sociali, ASP/ASST e Fondazioni», dice Minghetti.
Inoltre, la figura dell’operatore sociosanitario è ferma al 2001: «Non siamo contrari ad un’evoluzione dell’Oss che si evolva, maturi ed acquisisca nuove competenze, maggiori compiti e responsabilità – aggiunge Minghetti -. Ma prima di tutto è necessario provvedere alla revisione del profilo dell’Oss, con un nuovo inquadramento normativo, contrattuale ed economico». In altre parole, per il coordinatore nazionale del Migep non è corretto chiedere agli Oss di fare di più, di avere competenze e responsabilità sanitarie senza un adeguamento economico, né un nuovo accordo stato-regioni. «Azioni necessarie – sottolinea Minghetti – non solo per tutelare la dignità e il lavoro di centinaia di migliaia di Oss, ma anche per garantire il diritto ad una giusta ed efficiente assistenza alle persone più bisognose e fragili della società».
Il Migep rivolge il suo appello al Governo che nascerà, stilando un elenco di otto azioni non più rinviabili: «Al numero uno c’è la revisione del profilo dell’Operatore Socio-Sanitario e un nuovo accordo Stato-Regioni che garantisca una uniformità normativa tra gli Oss delle varie regioni. Poi – continua Minghetti – è necessario un nuovo percorso formativo con il conseguimento di un diploma (sul modello Europeo) di 1.500 ore attraverso istituti sociosanitari. Ancora, il riconoscimento in tutti i comparti, sia pubblici che privati, nel ruolo sociosanitario e nell’area sociosanitario degli Oss e non solo tecnico o di interesse sociosanitario.
È doveroso prevedere anche una formazione obbligatoria e continua di aggiornamento (sul modello degli ECM), per garantire il più alto possibile livello di assistenza e un registro nazionale obbligatorio degli Oss, a tutela e difesa della professione. È necessario pure adeguare la retribuzione e modernizzare la professione con una nuova figura intermedia tra l’Oss e l’infermiere garantendo un contratto unico, uguale per pubblico e privato). E per realizzare tutto questo, come sempre – conclude – siamo disponibili a trovare una soluzione condivisa, attraverso l’istituzione di un tavolo di confronto tra la categoria, il governo, le Regioni, i rappresentanti del comparto delle Coop. Sociali e la Fnopi».
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