Il direttore generale dell’AO Cannizzaro Salvatore Giuffrida: «A breve saranno pronti i nuovi locali del Pronto soccorso. Le liste d’attesa si combattono anche dialogando con i medici di famiglia»
L’ospedale Cannizzaro sorge in cima ad una collina che sovrasta la città di Catania. Impossibile non notare il monoblocco in cui si concentra la maggior parte dei servizi. Inaugurato nel settembre 1989, tra poche settimane compirà 30 anni. Oggi, è un’azienda di riferimento di secondo livello per l’emergenza. Vanta uno dei pochi centri grandi ustioni presenti in Sicilia e l’unica unità operativa di malattie infettive del Sud Italia che dispone di 11 posti letto di alto isolamento e l’antimicrobial stewardship per la prevenzione ed il trattamento di patologie causate da germi multi-resistenti. Vi si insistono inoltre un’unità operativa di medicina nucleare in cui vengono prodotti 5 radiofarmaci offerti ad un vasto bacino della Regione e un’unità operativa di radioterapia. «Per questo negli ultimi anni abbiamo orientato la nostra scelta esistenziale anche in ambito oncologico». È Salvatore Giuffrida, il direttore generale dell’azienda ospedaliera, a parlarci del Cannizzaro.
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Direttore, anche quest’ospedale soffre della carenza di personale?
«Sì, la condivisa e cronica carenza di personale riguarda anche questa azienda. C‘è stato il blocco del turnover ed è stata proprio l’attrattività che il Cannizzaro rappresenta per molte figure professionali ad averci permesso di superare momenti critici. Da qualche mese abbiamo tuttavia avviato i percorsi di mobilità attiva, con cui abbiamo riportato in questa azienda molti professionisti che avevano trovato la possibilità di avviare il proprio percorso lavorativo in altre Regioni. Stiamo avviando anche i nuovi concorsi per medici, professionisti sanitari e operatori addetti all’assistenza, e seguendo queste due strade le piante organiche stanno via via andando a coprirsi».
Parlava di mobilità attiva. Qual è invece lo stato della mobilità passiva? Sappiamo che molti siciliani decidono di farsi curare in altre Regioni…
«Alcune professionalità eccellenti e riconosciute a livello internazionale che lavorano al Cannizzaro hanno in realtà consentito l’inversione della mobilità passiva. I pazienti, quindi, non vanno più al Nord ma restano all’interno della nostra Regione e, anzi, l’ospedale è diventato attrattivo per molte discipline».
E le liste d’attesa?
«Essendo il Cannizzaro un ospedale di riferimento per l’emergenza, stiamo ovviamente affrontando il problema dei tempi di attesa in Pronto soccorso. Un problema complesso da risolvere, perché legato anche all’afflusso del paziente e alla selezione che viene fatta dai medici di famiglia. Fortunatamente c’è sempre stata un’interlocuzione favorevole con il territorio e la possibilità di scambi continui tra medici del Pronto soccorso, specialisti dei nostri ambulatori e medici di famiglia sulle condizioni cliniche del paziente e, quindi, la possibilità di intervenire sulla richiesta di accettazione al Pronto soccorso. Inoltre abbiamo definito un ampliamento degli spazi del nostro Pronto soccorso ed una diversa allocazione del Pronto soccorso pediatrico con aree distinte per il triage.
Quali sono quindi i prossimi progetti su cui lavorerete e quali le vostre necessità? Di cosa avreste bisogno?
«C’è ancora molto da fare e ogni mattina ci rimbocchiamo le maniche, ma non abbiamo bisogno di altro. Sicuramente non della volontà né della forza. Come punto di forza abbiamo già l’attenzione delle istituzioni. È vero che le risorse non sono mai sufficienti in sanità che, come si dice, non ha prezzo ma ha un costo; noi cerchiamo solo di mantenere il costo sostenibile per un servizio sanitario che chiede sempre di più».