Ippolito (Spallanzani): «Adeguatezza delle cure passa attraverso una migliore preparazione dei professionisti sanitari di tutto il mondo». Scaccabarozzi (Farmindustria): «In prima linea per la ricerca sui vaccini»
Quando qualche giovane mi chiede un parere sui vaccini io rispondo così: ‘Tu lo sai cos’è il vaiolo’? ‘No’. ‘Bene, se non lo sai è solo grazie ai vaccini’». Non ha peli sulla lingua il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, almeno quando si affrontano certi argomenti. E la psicosi antivaccini è uno di questi.
Il recente convegno AIFA a Roma sul futuro della ricerca clinica in Italia si è tenuto in un momento storico particolare: gli sbarchi dei migranti dall’Africa sulle nostre coste riaccendono paure mai sopite, come il ritorno di Ebola. Un’epidemia di meningite sta gettando nel panico la Toscana. Ma soprattutto un nuovo, temibile nemico è arrivato in Europa e in Italia: il virus Zika. Sul punto, il professor Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani di Roma ha le idee chiare: «Al momento l’unica cosa che i Paesi occidentali possono e devono fare è costruire un percorso formativo e informativo per la classe medica. In questo modo il personale sanitario saprà come muoversi per trattare al meglio ogni singolo caso».
Soprattutto, evitare che pregiudizi e falsi miti mettano a repentaglio i passi da gigante che la ricerca scientifica compie ogni giorno, e non aspettare una psicosi da contagio prima di correre ai ripari.
«Avere pregiudizi sui vaccini è da irresponsabili, e lo strumento vaccinale che le istituzioni apposite mettono a nostra disposizione svolge un fondamentale ruolo sociale – sostiene Scaccabarozzi –. Guarda caso, poi, tutti i pregiudizi sui vaccini cadono quando nel nostro Paese arriva un caso di Ebola. In quel momento, tutti invocano un vaccino. Siamo tutti chiamati a fare appello al nostro senso di responsabilità, lasciare da parte i pregiudizi, essere informati. Il Ministero informa, e anche bene. Soprattutto – aggiunge – in modo trasparente e scevro da qualsiasi interesse che non sia la salute dei cittadini. Sta alla popolazione usufruirne in modo adeguato. Per ogni euro investito in vaccini se ne risparmiano 24 di assistenza farmaceutica.
Ma quando a insinuare il dubbio nella popolazione sulla bontà dei vaccini è parte della classe medica, il rischio di “corto circuito” è altissimo.
Qual è l’approccio da utilizzare? La formazione dei medici e l’informazione dei pazienti può essere la chiave di volta per sconfiggere una volta per tutte questi pregiudizi?
«L’approccio migliore – continua Scaccabarozzi – è lasciar lavorare le autorità regolatorie. I cittadini devono capire che tutto ciò che hanno oggi a disposizione passa attraverso gli enti regolatori (Ministero della Salute, AIFA, ISS) che sono una garanzia assoluta dell’efficacia e della sicurezza dei trattamenti e dei vaccini. I farmaci di ultima generazione sono sempre più complessi. Il nostro compito è far sì che il paziente venga curato correndo meno rischi possibile, e questo può stabilirlo solo il medico preparato ed aggiornato».
L’Italia è tutto sommato sulla buona strada. L’importante è non perdere la rotta.
«Siamo uno dei Paesi con la più alta aspettativa di vita e adesso si può convivere con malattie che solo pochi anni fa non erano curabili, come l’HIV, grazie ai progressi scientifici. Dobbiamo fare in modo – conclude il presidente di Farmindustria – che questo progresso continui, attraverso una costante ricerca di nuove soluzioni».