Il Presidente della Federazione che riunisce 19 professioni sanitarie traccia un bilancio dei tre anni al vertice e rilancia il tema della prevenzione. Poi sottolinea: «Fondamentale superare gli individualismi, anche professionali, a favore della collettività, anche inter-professionale». A giugno sarà approvata la Costituzione Etica delle professioni
Ha traghettato 19 professioni sanitarie verso una unità da conquistare pezzo dopo pezzo, attraverso sei decreti attuativi e una pluralità di sensibilità spesso non semplice da rappresentare. Volge al termine il mandato di Alessandro Beux alla guida della Federazione dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica e delle Professioni Sanitarie Tecniche, della Riabilitazione e della Prevenzione: dal 17 al 19 aprile i Presidenti degli Ordini provinciali saranno chiamati a rinnovare il Comitato Centrale e il Collegio dei Revisori dei conti.
Sono stati tre anni complessi, caratterizzati dalla trasformazione epocale operata della legge 3 del 2018, dalla creazione degli Albi di 17 professioni sanitarie (TSRM e Assistenti sanitari avevano già i loro Albi), un traguardo atteso da oltre un decennio che ha permesso di valorizzare al meglio il ruolo di queste professioni e dare voce a tanti professionisti sanitari che rappresentano la “spina dorsale” del Sistema sanitario italiano. «Un progetto ciclopico» lo definisce lo stesso Beux, che a Sanità Informazione traccia un bilancio di questi anni alla guida della Federazione.
«Sabato 17, domenica 18 e lunedì 19 aprile i Presidenti degli Ordini saranno chiamati a eleggere i componenti dei prossimi Comitato centrale e Collegio dei Revisori dei conti. Se non ci saranno imprevisti, lunedì sera ne conosceremo i componenti; entro gli otto giorni successivi gli eletti nel Comitato centrale si riuniranno per individuare il Presidente e chi ricoprirà le altre tre cariche. Per la prima volta il Presidente del Collegio dei Revisori dei conti sarà un esterno, iscritto al registro dei Revisori legali, ma per la nostra Federazione non sarà una novità assoluta: infatti, pur non essendo stati tenuti a farlo, negli ultimi anni il Comitato centrale uscente si è comunque avvalso della consulenza di un iscritto al registro per rafforzare le competenze dei colleghi eletti e aumentare la qualità delle verifiche che la normativa pone in capo al Collegio dei Revisori dei conti».
«Avercela fatta. Nella primavera del 2018 abbiamo definito il cronoprogramma di quello che appariva – ed effettivamente era – un progetto ciclopico; l’abbiamo rispettato in tutti i passaggi, nonostante gli ultimi 14 mesi di pandemia. Ciò è stato possibile grazie alla sinergia creatasi tra il Ministero della Salute, la Federazione nazionale, gli Ordini, le Commissioni di albo e, nella prima fase del processo, le AMR. Per perfezionare la nostra architettura istituzionale servivano cinque decreti attuativi del Ministero della Salute, a cui si è aggiunto quello per l’istituzione degli elenchi speciali a esaurimento, indispensabile per diversamente normalizzare coloro che, pur essendo stati assunti e avendo esercitato in modo regolare e trasparente, all’indomani della legge 3/2018 hanno dovuto constatare che il titolo in forza del quale lo avevano sino a quel momento fatto non era ricompreso tra quelli abilitanti, equipollenti o equivalenti che consentivano l’iscrizione all’albo. Sei decreti attuativi in poco più di due anni, a cui è stato dato immediato e pieno seguito all’interno delle nostre Istituzioni. E mentre tutto ciò accadeva sul fronte più formale e procedurale, sugli altri prendevano vita le prime iniziative inter-professionali: tra le principali, la Costituzione etica (due anni di lavoro per un testo che il Consiglio nazionale approverà a metà giugno, quando confidiamo che sia di nuovo possibile riunirsi in presenza); plurime iniziative all’interno dei gruppi “Aspetti giuridici e medico-legali”, “Gestione dei rischio e sicurezza delle cure”; “Fabbisogno formativo”; “Sistema di protezione e relativa polizza assicurativa” (corso FAD per consulenti e periti ai sensi dell’accordo che la FNO ha sottoscritto con CSM e CNF); il primo Congresso nazionale; numerose proposte emendative agli atti che, soprattutto nell’ultimo anno, hanno rappresentato solo parzialmente il mondo delle professioni sanitarie».
«Se potessi tornare indietro, sarei meno disponibile nei confronti di coloro che non si sono poi dimostrati in grado di riconoscere e rispettare le responsabilità che alcuni si sono assunte, a volte con dei rischi, per compiere scelte sempre volte a far avanzare il processo, cercando di tenere in considerazione le sensibilità di tutti. I risultati richiamati nella risposta precedente non sono certo merito di coloro che, sin dall’inizio, si sono limitati ad avanzare richieste, sollevare obiezioni e muovere critiche, bensì di coloro che, in modo molto responsabile, con dedizione e senza lasciarsi distrarre dal rumore di fondo, hanno portato a compimento il progetto strutturale consegnatoci dalla legge 3/2018 e intrapreso prime interessanti iniziative inter-professionali».
«La sfida principale resta quella di sempre: superare gli individualismi, anche professionali, a favore della collettività, anche inter-professionale. Se è vero che nessuno ce la fa da solo, bisogna transitare dalle parole, dette e scritte, ai fatti: si deve stare insieme, ci si deve muovere insieme, cercando ogni volta la miglior sintesi possibile, che essendo frutto dell’opera umana non sarà mai perfetta, pertanto mai in grado di soddisfare completamente ogni singola aspettativa. È l’interesse generale che conta».
«In parte ho risposto con la domanda precedente. Ma oltre all’agire inter-professionale, ci si dovrà impegnare per dargli la giusta prospettiva: è indispensabile investire in prevenzione. Il servizio sanitario del futuro non dovrà essere solo più rapido nella diagnosi e più efficace nella cura delle patologie, ma dovrà esserlo soprattutto nel prevenirle. È in questo senso che si realizzerebbero nel migliore dei modi la territorializzazione e la domiciliarizzazione di cui tanto si parla. Serve un sistema in cui i suoi professionisti non siano sul territorio e a casa delle persone solo per diagnosticare e curare, ma sempre più per svolgere opera di prevenzione, anche all’interno di altri ambiti della società, ad esempio, nelle scuole. In tal senso, a tutti i livelli i decisori devono avere il coraggio di fare le scelte di cui c’è bisogno, a partire dalla piena valorizzazione delle professioni sanitarie, che da tempo hanno indiscutibilmente dimostrato, per competenza e responsabilità, di essere ben al di sopra di dove il Paese continua a collocarle».
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