Si chiama S-Cochlear ed è capace di stimolare, prevenire e alleviare i fenomeni del decadimento uditivo e degli acufeni. Cinque funzioni in un’unica app: stimolazione dell’udito, mascheramento e soppressione degli acufeni, amplificazione dei suoni ambientali e rilassamento del paziente. Per chi indossa un apparecchio acustico, invece, c’è Re.Vo.Dis.System, un sistema che permette di correggere gli errori mnemonici generati dall’ipoacusia
Che sia un ronzio, un tinnito o un fischio è, in ogni caso, fastidioso. La sgradevolezza, poi, si acuisce se non si tratta di un semplice rumore, dal quale ci si può volontariamente allontanare, ma di un acufene, una percezione uditiva fantasma che, non derivando da nessuna fonte sonora esterna, non può essere eliminato. «L’acufene, interessando una fetta di popolazione – tra i 40 e i 70 anni – che varia dal 12 al 30%, può essere definito un problema di salute pubblica. Anche se la maggior parte di coloro che ne soffrono tendono a “convivere” con il sintomo, non di rado – spiega Maurizio Serra, audioprotesista – la qualità della vita viene seriamente compromessa. Il paziente può manifestare anche disturbi più gravi come depressione, ansia e insonnia. Per questo, con il mio collega, Giuseppe Cittadino abbiamo deciso di ideare e sviluppare un’app capace di stimolare, prevenire e alleviare i fenomeni del decadimento uditivo e degli acufeni», aggiunge il professionista sanitario.
L’app si chiama S-Cochlear e comprende cinque funzioni in un’unica applicazione: stimolazione dell’udito, mascheramento e soppressione degli acufeni, amplificazione dei suoni ambientali e rilassamento del paziente. «Grazie allo stimolatore cocleare è possibile rallentare il decadimento uditivo: è scientificamente dimostrato che non sentire bene alcuni suoni “arrugginisce” il cervello – dice Giuseppe Cittadino -. La stimolazione va ripetuta ogni giorno, con sedute di 30-60 minuti, per almeno 3 mesi». Il mascheratore melodico, invece, permette di alleviare il disagio che scaturisce dagli acufeni attraverso dei suoni della natura che, in quanto piacevoli, distolgono l’attenzione dal fastidio di fischi e ronzii. «La “terapia del suono” permette di creare un ambiente rilassante, capace di conciliare un buon sonno, ma anche di migliorare le performance di studio e lavoro», continua l’audioprotesista.
Il soppressore di acufeni è dotato di una gamma di suoni diversi per frequenza, con un range che va dai 90 ai 12000 Hz, personalizzabile dal paziente a seconda delle sue esigenze. «Per eseguire un trattamento – consiglia Serra – è necessario esporsi a questo rumore generato per un’oretta al giorno per 3 mesi, prolungabili fino a 6-12 a seconda delle necessità individuali. Grazie alla funzione di amplificazione ambientale, pensata per coloro che ancora non utilizzano un apparecchio acustico ma che hanno difficoltà a comprendere le conversazioni in un ambiente rumoroso. Attraverso il microfono dello smarthphone l’app capta l’audio ambientale e lo rimanda alle cuffie che indossate dal paziente gli permettono di migliorare la sua capacità di ascolto delle conversazioni. Le tecniche di rilassamento, infine, sono un vero toccasana, capaci, oltre che a contribuire ad un benessere globale dell’individuo, anche ad alleviare il fastidio dell’acufene».
Ma le innovazioni non riguardano solo coloro che, pur essendo ipoudenti, non hanno ancora deciso di farsi supportare da un apparecchio acustico. I due audioprotesisti, infatti, hanno progettato anche Re.Vo.Dis.System, un sistema che permette di ottimizzare il risultato neuronale in quei pazienti che utilizzano regolarmente un apparecchio acustico. «Chi ricorre tardivamente ad un apparecchio acustico può continuare a perdere delle parole all’interno dei discorsi anche mentre lo utilizza. Questo perché la capacità neuronale di elaborazione della parola, non stimolata per molto tempo, si è assopita – spiega Cittadino -. Inoltre, il cervello inizia ad accumulare degli errori mnemonici su alcuni fonemi sonori: se il paziente è sottoposto all’ascolto della parola “Selce” e lui capisce “Felce“, a livello cerebrale gradualmente va a dare per scontato che ogni volta si presenti il fonema “Se..” lui capisca “Fe..”. L’errore persisterà anche dopo avere applicato un apparecchio acustico. Ma grazie a Re.Vo.Dis.System – conclude l’audioprotesista – sarà possibile correggere questo difetto della memoria, tornando far coincidere ad ogni suono l’elaborazione cerebrale corretta».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato