Il presidente Amato: «Siamo contro la violenza in ogni sua forma, ma la misura è colma e i colleghi sono in burn out»
Che i social siano stati, negli ultimi tempi, terreno di scontro tra le fronde novax e provax è un dato di fatto. Meno scontato è che nel mare magnum di commenti infuocati e invettive inappropriate contro i riottosi della vaccinazione ci siano talvolta, tra gli autori, degli iscritti agli Ordini professionali. In questo caso si parla dell’OMCeO di Palermo in cui, a seguito di segnalazioni circa la pubblicazione di commenti che inneggiavano a “misure estreme” contro i negazionisti del Covid-19 e del vaccino, il presidente Toti Amato, componente del direttivo nazionale FNOMCeO, ha subito preso le distanze da questo genere di comunicazione, affermando che «commenti fuori luogo offendono l’intera categoria medica e tutti gli altri professionisti che ogni giorno si dedicano con abnegazione a combattere il virus per garantire salute, oltre a ledere quel sano dibattito capace di alimentare una presa di coscienza sull’importanza della vaccinazione».
Una vicenda sulla quale, come si legge sul sito della FNOMCeO, l’Ordine palermitano sta già effettuando le dovute indagini per gli eventuali provvedimenti di assumere. Sanità Informazione ha raggiunto telefonicamente il presidente dell’OMCeO di Palermo Toti Amato per una disamina su quanto accaduto.
«Si è trattato di commenti poco avveduti che nulla c’entrano con la nostra professionalità. Oltre ad essere chiamati a mantenere un certo rigore formale, in quanto medici non possiamo inneggiare a nessun tipo di violenza, dal momento che la subiamo noi stessi in prima persona, quotidianamente. Siamo contro qualsiasi manifestazione violenta, professata o praticata. Il problema delle fronde anti-vaccino c’è e deve essere adeguatamente affrontato, sta a noi mantenere un decoro e un rispetto anche formale della nostra posizione e del DNA della nostra professione».
«Sicuramente la misura è colma e la situazione è esasperante. Ormai si vive alla giornata: i medici di medicina generale sono allo stremo, gli ospedalieri completamente in burnout. Ho parlato con anestesisti e rianimatori, ormai hanno le lacrime agli occhi, non reggono più lo stress di vedere le persone morire continuamente, in circostanze in cui prima di intubarli raccolgono bigliettini, annotazioni, che sono saluti di commiato da parte di chi è consapevole che probabilmente quella sarà una strada senza ritorno. Dopo due anni tutto questo è straziante e logora anche gli equilibri più tenaci, è il dolore umano che esce allo scoperto e ci rende incredibilmente vulnerabili. È chiaro quindi che questi sfoghi, anche se non consoni nelle modalità e quindi non giustificabili, si configurano parte di questo stress».
«Forse non insanabile, molto grave di certo. L’anno scorso anche abbiamo vissuto una fase in cui sembrava che le cose si stessero mettendo a posto, ma poi siamo ripiombati nell’incubo. Adesso a fare paura è soprattutto il disagio sociale, la cui pressione è acuita dal fatto che molte persone non ce la fanno più, moralmente, psicologicamente, economicamente, e la rabbia purtroppo esce fuori, non sempre nelle modalità più appropriate».
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