Ferie non godute, straordinari non pagati, contratti in attesa di rinnovo. In Italia manca personale e i medici sono stanchi di sacrifici continui. Il presidente Fnomceo Filippo Anelli fissa una nuova direzione con il ministro Speranza
Due anni di pandemia e tanto lavoro straordinario hanno avuto due effetti fondamentali sulla categoria medica. Il primo, quello di averne largamente ampliato la percezione positiva nella società. Eroi, salvatori, angeli sono solo alcuni degli epiteti che la popolazione ha dato ai professionisti sanitari durante il momento peggiore dell’emergenza. Il secondo, quello di aver esasperato molte delle loro energie, lasciando il comparto: stanco, in burnout e a disagio con quella professione che doveva essere una vocazione.
Urgono soluzioni e al governo possono arrivare solo dalla categoria stessa. Una categoria che la FNOMCeO – e il suo presidente Filippo Anelli – ha riunito per discutere la “questione medica“, alla presenza del ministro Roberto Speranza e del presidente della Conferenza della Regioni e Province autonome Massimiliano Fedriga.
«La questione medica – spiega Anelli a Sanità Informazione – parte dallo scorso anno dopo l’approvazione del PNRR, una sfida che il governo ha lanciato di rinnovamento strutturale e infrastrutturale del nostro Ssn. Sin da allora avevamo già chiesto al governo un’attenzione particolare ai professionisti: il servizio funziona se ci sono professionisti in numero adeguato. È emersa ancora con chiarezza la carenza di medici e di altri professionisti sanitari e la qualità del sistema va guardata con attenzione: se i professionisti riescono a formarsi adeguatamente e dall’altra a vivere bene il loro lavoro. Dai sondaggi abbiamo visto che non è così: questi due anni di pandemia hanno reso evidenti tutti gli errori del passato».
«Mi ha fatto piacere che il presidente Fedriga abbia ribadito la necessità di un sistema sanitario nazionale che provi a considerare le risorse come un investimento sulla salute. Ora ci aspettiamo che questo incontro, che è di ascolto e confronto, si trasformi in tavoli che producano poi risultati. La professione medica era tutta unita, con tutte le sigle sindacali. Mai come questa volta la professione è unita nel dire: diamo risposte al disagio che la professione ha più volte mostrato».
Nel suo discorso conclusivo il ministro Speranza ha parlato del grande aumento di borse di formazione e ha confermato di non essere preoccupato per l’esodo pensionistico atteso nei prossimi cinque anni. «Il problema ora – ha detto – è gestire i prossimi due o tre anni, una soluzione straordinaria con utilizzo degli specializzandi che andrà rafforzato. Tendo a dire che formazione e lavoro sono due cose diverse, ma in emergenza questo servirà».
Specializzandi a rapporto, dunque. Cosa ne pensa Anelli? «Non c’è altra soluzione. Noi vorremmo una vera e propria riforma, molti sindacati hanno chiesto il passaggio della gestione degli specializzandi sotto il Ministero della Salute proprio per consentire un’azione assistenziale con contratto di formazione-lavoro. Noi ci aspettiamo altrettanta straordinarietà anche dal governo, in termini di risorse per rinnovare i contratti di lavoro perché il disagio della professione sta anche nell’assenza di ferie e di straordinari superiori a quello che la legge consente. Dobbiamo dare una dignità a questo lavoro che nel frattempo si è incrinata, legata certamente al sovraccarico di lavoro del Covid e alle scelte fatte nel passato».
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