Beretta (AIOP Lombardia): «Con l’apertura dei concorsi pubblici molti specialisti si sono spostati lasciando il privato in difficoltà. Ora si punta sul mercato extra Ue. Chiesta al Ministro Speranza l’equipollenza dei titoli fino al 2024»
Sanità privata italiana sempre più internazionale. È questa la tendenza degli ultimi mesi per far fronte alla carenza di medici e infermieri ormai cronicizzata da anni ed esplosa con la pandemia, e che interessa in realtà tutto il sistema sanitario italiano.
A evidenziare la necessità di rivolgersi ad un mercato per lo più extra Ue è il presidente di AIOP Lombardia Dario Beretta. «In Lombardia mancano diversi professionisti della sanità – spiega il numero uno dell’associazione italiana dell’ospedalità privata sezione lombarda -. Il deficit emerso con la pandemia non è mai cessato, anche quando l’emergenza sembrava essere rientrata. Oggi il Covid fa meno vittime, ma in realtà stiamo registrando una certa recrudescenza del virus e questo genera tra il personale assenze e ritardi che vanno a gravare ancor più sul sistema di ospedalità pubblica e privata».
Ad essere in numero insufficiente sono soprattutto gli anestesisti, evidenzia lo stesso Beretta: «Se non funziona la sala operatoria e la terapia intensiva, si blocca tutta la catena delle attività – ammette – per questo è necessario correre ai ripari». La situazione appare difficile nel settore pubblico, ma ancor più nel privato perché, come ben illustra il numero uno di AIOP Lombardia: «Con l’apertura dei nuovi concorsi pubblici molti professionisti, in particolar modo operatori sanitari, scelgono quella via per diverse ragioni: la possibilità di avvicinarsi a casa, dal momento che tanti arrivano dalle regioni del sud o la prospettiva di una più brillante carriera e questo implica per l’ospedalità privata una nuova tegola sulla testa cui porre rimedio». Il problema è presente, ma non in maniera evidente nel gruppo San Donato che vanta una struttura diversificata e ben fornita di specialisti e dove, per altro, il reclutamento oltre confini è già una realtà. «Abbiamo diversi operatori sanitari provenienti dall’est e dal sud America – ci fanno sapere – in particolare sono medici extra UE che vanno a coprire le posizioni di anestesisti e internisti».
Gruppo San Donato a parte, nell’ospedalità privata la criticità è evidente come ha spiegato Beretta che ipotizza alcune soluzioni: «È necessario aumentare i posti nelle scuole di specializzazione ed è necessario rivolgersi ai professionisti extra Unione Europea». Al riguardo AIOP ha avviato una vera e propria operazione di reclutamento: «Durante la pandemia per far fronte all’emergenza abbiamo cercato medici nei paesi extra Ue anche se non hanno una laurea equipollente, in tal caso per poter esercitare in Italia sono stati certificati dal Ministero della Salute». Si tratta di una validità temporanea che oggi si ferma al 31 dicembre 2022. «Una durata troppo breve per essere motivante per un professionista straniero, quindi abbiamo chiesto la possibilità di prorogare l’operazione fino a dicembre 2024, ma per ora da parte del Ministero della Salute abbiamo ricevuto una porta chiusa e questo per noi è penalizzante».
Oggi si guarda con interesse ai professionisti dell’Ucraina a cui è stata concessa una deroga per esercitare in Italia. «Si tratta di una finestra di dodici mesi – ammette Beretta -. Il primo problema da affrontare e risolvere è la conoscenza della lingua italiana, poi dobbiamo mettere in conto che non appena la guerra finisce torneranno a casa a curare i loro pazienti. Detto ciò, noi siamo disponibili ad assumerli, tenendo conto che da un punto di vista economico non costano meno, anzi, a parità di retribuzione c’è da aggiungere il costo di chi va a reclutare queste persone. È tutt’altro che un risparmio, ma nel momento in cui non ci sono altre possibilità, siamo obbligati a fare questa scelta, ma non sempre riusciamo». Come spesso accade per i medici della Grecia – nazione che ha una vasta gamma di offerta di camici bianchi – che sono attratti però da altri paesi come la Germania o l’Inghilterra. «Purtroppo con questi paesi non siamo competitivi – si rammarica Beretta – all’estero i medici vengono retribuiti meglio».
Camici bianchi insufficienti e mercato poco competitivo, il sistema della Sanità Italiana con questi presupposti sembra non avere futuro, eppure per Beretta uno spiraglio ci sarebbe: «In Italia i medici ci sono, mancano invece gli specialisti. Sono aumentati negli ultimi due anni, ma non abbastanza perché ci sono due limiti da superare: le scuole di specialità oggi coprono i due terzi del fabbisogno reale, (prima non erano neppure al cinquanta percento) e i costi che si aggirano sui 25 mila euro l’anno – fa i conti Beretta – questo significa che per formare un medico ci vogliono in media 150 mila euro. Forse tra dieci anni riusciremo a raggiungere l’equilibrio rispetto alle esigenze assistenziali, sempre che si riesca a rallentare la fuga verso l’estero dei medici specialisti italiani».
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