Lavoro 22 Dicembre 2014 11:05

Il mondo delle assicurazioni

Gli “atti invasivi” all’interno di una polizza assicurativa

di Assicurazione

“Un medico cardiologo chiede chiarimenti sulla definizione, ai fini assicurativi, dell’“attività diagnostica e terapeutica invasiva”.

Stabiliamo in primo luogo che stiamo parlando di attività a fini diagnostici e/o terapeutici, escludendo pertanto quelli tipicamente chirurgici. Gli Assicuratori distinguono, all’interno di ogni specializzazione medica: l’attività diagnostica e/o terapeutica non invasiva, l’attività diagnostica e/o terapeutica invasiva, e l’attività chirurgica. Definire correttamente queste tre categorie può avere importanti conseguenze, sia in termini di entità del premio sia riguardo l’efficacia parziale o totale della copertura.
La definizione degli atti invasivi da parte delle compagnie, e conseguente loro valutazione ai fini della tariffazione e assunzione dei rischi, risulta abbastanza variegata e spesso non completamente trasparente.
Molti assicuratori non inseriscono nella polizza la definizione di “atto invasivo diagnostico e terapeutico”. Nelle proposte/questionari, che il medico assicurando deve compilare prima della stipula della polizza, è riportata sempre la distinzione tra atto invasivo e non, ma spesso non è chiarito cosa si debba intendere per “invasività diagnostica o terapeutica”.
Le questioni che questo tema suscita sono almeno un paio: 1)quale è l’elemento in base al quale si deve distinguere in modo oggettivo  l’attività terapeutica invasiva da quella chirurgica? 2) cosa qualifica una diagnosi come attività di natura invasiva?
Per alcuni assicuratori l’”atto diagnostico invasivo” è quello che comporta il prelievo cruento di tessuti per indagini istologiche, o quello che comporta una cruentazione dei tessuti  per l’introduzione di idoneo strumentario all’interno dell’organismo ai soli fini diagnostici”. L’atto terapeutico invasivo, quindi, è considerato in ogni caso atto chirurgico. Recentemente gli assicuratori sembrano aver velatamente introdotto una diversa concezione: la distinzione empirica tra atti diagnostici valutati ad alto rischio e quelli considerati a medio/basso rischio. Ai medici che si trovano, per la tipicità della loro attività, in questa area di indeterminatezza, è consigliabile evitare di rispondere  “si” o “no” al quesito sugli Atti Invasivi, viceversa dovrebbero illustrare in maniera analitica la loro attività, per lasciare che sia l’assicuratore a decidere in quale categoria collocare il rischio. Potrebbero proporre un premio più oneroso, ma di certo si eviterà il rischio peggiore: quello di aver acquisito una copertura inefficace.

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