Uno studio dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane lancia l’allarme: «Non è stata fatta una programmazione adeguata». FNOMCeO: «Confermiamo il dato»
Sempre meno medici per il Servizio sanitario nazionale, ne perderemo 14mila in 15 anni secondo le previsioni dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane. Lo studio, che si basa sui dati del Ministero dell’Istruzione, dell’università e della Ricerca – Miur e del Ministero della Salute, ha previsto un turn over fermo al 75%: su 56mila camici bianchi pronti ad appendere lo stetoscopio al chiodo, ne entreranno solo 42mila. «Questo drammatico dato- si legge nella nota diffusa dall’Università Cattolica– si avvererà considerato l’attuale numero di posti per i corsi di laurea in medicina e chirurgia e delle scuole di specializzazione messi a bando ogni anno».
«Dalle proiezioni effettuate dai ricercatori dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane- si legge nel comunicato- che opera all’interno di Vithali, spin off dell’Università Cattolica presso la sede di Roma, nell’ipotesi che nel prossimo anno accademico 2019/2020 siano immatricolati 10 mila studenti, si può prevedere che di questa coorte circa 8 mila e 700 saranno laureati tra 6 anni, considerando poi le coorti successive, in 10 anni in Italia ci saranno circa 49 mila nuovi laureati in medicina e chirurgia. In conseguenza di quanto detto, è possibile prevedere che gli specializzati tra 15 anni saranno circa 42 mila».
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«Questo scenario, determinatosi nel corso di anni in cui non è stata fatta una programmazione adeguata da parte delle autorità competenti, rischia di compromettere le basi portanti del SSN», afferma il professor Walter Ricciardi, direttore dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, che aggiunge: «in un mondo in cui la carenza di medici e di personale sanitario sta diventando drammatica, l’Italia aggiunge la miopia di finanziare la formazione di un numero importante di giovani medici e di ‘regalarli’ poi a Paesi in grado di accoglierli a braccia aperte».
Per rimpiazzare i 56 mila medici in 15 anni saranno necessarie 13 mila e 500 immatricolazioni ai corsi di laurea in medicina e 11 mila posti di specializzazione. «Ma le Università dovranno essere attrezzate per formare circa 5 mila studenti in più ogni anno», commenta il dottor Alessandro Solipaca, direttore scientifico dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane.
L’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, diretto dal professor Ricciardi, con la direzione scientifica del dottor Alessandro Solipaca, ha sviluppato un modello di previsione per stimare quanti medici e quanti specialisti (compresi i Medici di Medicina Generale) l’Italia avrà a disposizione nei prossimi anni. «La dinamica della spesa sanitaria, a livello nazionale, nel corso degli ultimi 15 anni, è stata caratterizzata da un evidente rallentamento della crescita osservata dopo la prima metà degli anni ’90», spiega Solipaca. La contrazione della spesa si è accentuata con l’introduzione dei Piani di Rientro, attivati per arginare il crescente aumento del deficit delle Regioni.
Tra le voci di bilancio maggiormente colpite dagli interventi la spesa per personale dipendente del SSN, scesa nel 2016 al 30,6% del totale della spesa sanitaria pubblica. «Tale riduzione è stata ottenuta attraverso una forte contrazione del numero del personale dipendente, testimoniato dal turnover osservato negli ultimi anni che in alcune Regioni è arrivato al 25%, cioè su 100 pensionati ci sono state solo 25 nuove assunzioni», aggiunge Solipaca.
I dati riferiti al quadriennio 2013-2016, pubblicati dal Conto Annuale della Ragioneria Generale dello Stato, mostrano come il tasso di compensazione del turnover, al netto delle procedure di stabilizzazione, sia in tutti e 4 gli anni presi a riferimento, inferiore a 100, il che significa che sostanzialmente l’organico del SSN ha subito una contrazione. In particolare, nel 2016 si registra un tasso di compensazione del turnover nazionale del 97,2%, ma nel 2015 si è attestato al 76,3% e nel 2014 all’80,5%. L’ultimo triennio segue a un trend storico, tra il 2008 e il 2012, in cui si è osservato un tasso di compensazione costantemente in riduzione, dal 97,2% del 2008 è sceso fino al 68,9% nel 2012.
Tale dinamica ha interessato anche i medici e gli odontoiatri del SSN il cui numero si è ridotto in modo costante tra il 2013 e il 2016, passando da 108.271 unità nel 2013 a 105.093 unità nel 2016 (-2,9%). Il medesimo trend si riscontra in maniera più accentuata se si rapporta il numero di medici e odontoiatri del SSN alla popolazione (Tabella 2); infatti, in questo caso la riduzione del numero di unità è del 4,3%.
La dotazione minore di medici si riscontra nel Lazio, Molise e Lombardia le quali hanno 1,3 e 1,4 medici ogni 1.000 abitanti, a livello nazionale si attesta a 1,7 per 1.000. Molise e Lazio sono le regioni che hanno sperimentato la diminuzione più marcata dal 2013, 16,3% e 13,3% rispettivamente. In generale, la dotazione di medici mediamente più bassa si registra nelle regioni del Mezzogiorno, ad eccezione della Sardegna e della Basilicata che vantano un rapporto medico/popolazione superiore alla media nazionale, rispettivamente 2,7 e 2,1 ogni 1000 abitanti.
La riduzione del personale medico è assai preoccupante in quanto si accompagna a un progressivo invecchiamento. Infatti, nel 2016, quasi il 52% del personale medico ha oltre 55 anni, sale al 61% tra gli uomini, tra le donne si attesta al 38%. Tra i 50 e i 59 anni la quota dei medici si attesta al 41%, tra i 40 e i 49 anni a circa il 23%. La dinamica temporale osservata dal 2013 al 2016- precisa la nota- è molto preoccupante, infatti è aumentata di quasi il 10% la quota di medici ultra sessantenni, la variazione è del 7% al Nord, 8% al Centro e sale fino al 14% nelle regioni del Mezzogiorno. Per contro, tutte le fasce di età più giovani sperimentano una diminuzione del loro peso percentuale, calo generalizzato su tutto il territorio italiano.
«La prospettiva futura è allarmante- affermano Ricciardi e Solipaca– in quanto, nel 2016, i medici con più di 55 anni sono oltre 56 mila, quindi nel corso dei prossimi 15 anni, a legislazione vigente e al netto di uscite anticipate legate alla riforma nota come ‘quota 100’, ci si attende una uscita per pensionamento di pari entità. Lo scenario appena prospettato – concludono i ricercatori dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane – è aggravato dal fatto che la programmazione degli accessi ai corsi di laurea in medicina e chirurgia, nonché quelli previsti per le scuole di specializzazione, non ha considerato il fabbisogno di medici che avrebbe dovuto assicurare, come dimostrano le stime che seguono effettuate dall’Osservatorio».
«Il rientro dal deficit delle Regioni– conclude il comunicato della Cattolica- attuato tagliando la spesa per il personale medico da un lato, la cattiva programmazione degli accessi ai corsi di laurea e di specializzazione dall’altro mettono il SSN
di fronte a una vera emergenza per il futuro».
“Confermiamo il dato, lanciato questa mattina dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, sulla carenza di circa 14mila specialisti, nei prossimi 15 anni, all’interno del nostro Servizio Sanitario Nazionale. È un dato che corrisponde alle proiezioni già fatte dai Sindacati medici, dalla stessa Fnomceo, dalla Fondazione Enpam. C’è però un elemento che deve essere tenuto in debito conto nelle corrette politiche di programmazione: già oggi abbiamo più di diecimila medici laureati, abilitati, in attesa di accedere alle Specializzazioni e al Corso per la Medicina Generale. E questi medici raddoppieranno nel 2021, quando cominceranno a laurearsi i quasi diecimila studenti immatricolati in sovrannumero nell’anno 2014/2015, dopo aver fatto ricorso al Tar per presunte irregolarità nei test d’accesso”. Così il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (Fnomceo), Filippo Anelli, commenta l’allarme lanciato dall’Osservatorio, secondo il quale sarà rimpiazzato solo il 75% dei 56 mila medici che il Ssn perderà nei prossimi anni.
Sempre secondo l’Osservatorio, per tamponare la falla occorrerebbe un aumento non solo delle specializzazioni ma anche delle immatricolazioni a Medicina. “Aumentare adesso gli accessi a Medicina, a fronte dei quasi ventimila medici che rimarranno bloccati nell”imbuto formativo’ tra soli due anni, appare quantomeno inopportuno – continua Anelli – oltreché’ inutile, visto che questi medici finiranno il loro percorso tra undici anni, quando la gobba pensionistica, che raggiungerà il suo apice nel 2025, sarà ormai superata. Lo dimostra uno studio dell’Anaao, pubblicato anch’esso oggi, che quantifica tra l’altro lo spreco di risorse pubbliche dovuto a un incremento delle immatricolazioni”. “Il problema della carenza di specialisti non si risolve aumentando i laureati ma aumentando i percorsi post lauream – conclude Anelli -. Occorrono almeno diecimila borse subito, più duemila per la Medicina generale. È imprescindibile, nel medio-lungo periodo, un intervento legislativo per cui a ogni laurea corrisponda una borsa”.