Secondo il presidente di Federpecializzandi, tra i motivi che rendono poco attrattive le scuole di specializzazione chirurgiche anche la qualità della vita e l’aumento del contenzioso medico-legale. Per questo appoggia l’iniziativa che intende istituire un luogo di confronto, e non scontro, tra medici e pazienti
Il bisturi ha perso il suo fascino. Nessun medico vuole più essere chirurgo. Il calo della vocazione per la chirurgia emerge dai numeri: sono poche decine i giovani che ogni anno decidono di iscriversi ad una scuola di specializzazione chirurgica. Tanti i motivi alla base del rifiuto, dalla qualità della vita offerta da una carriera in sala operatoria, alla scarsa qualità della formazione, su cui accende i riflettori il presidente di Federspecializzandi Stefano Guicciardi. Ma anche l’aumento del contenzioso legale fa paura. Per questo Guicciardi ritiene «giustificata, anzi doverosa» ogni iniziativa che intenda sanare il conflitto tra medici e pazienti.
Presidente, le specializzazioni chirurgiche sono sempre meno cercate dai giovani medici. Cosa si può fare per renderle più attrattive?
«Il calo della vocazione per la chirurgia è causato da molteplici problemi, dall’aumento del contenzioso medico-legale al blocco del turnover, che inizia a sciogliersi ma che crea ancora dei limiti all’accesso nel mondo del lavoro. Si tratta di specializzazioni, soprattutto quella in chirurgia generale, che inoltre hanno molti limiti rispetto ad altre, che sono più tranquille, con condizioni di vita più interessanti e quindi più appetibili per gli specializzandi. Ma ciò che noi vogliamo sottolineare è la qualità formativa, su cui è necessario intervenire. Molti giovani colleghi infatti denunciano l’impossibilità di operare in sala operatoria. Si finiscono i cinque anni di formazione senza aver mai operato da primo operatore, e quindi senza le competenze pratiche necessarie a definirsi un chirurgo. Si pensi che in Inghilterra esiste un curriculum chirurgico nazionale di 351 pagine; in Italia abbiamo solo 2 pagine di obiettivi generali, che rendono difficile per uno specializzando confrontarsi con i suoi colleghi. Bisogna quindi lavorare su una riforma strutturale dei piani formativi per competenze, in modo che lo specializzando sappia cosa imparare e su cosa formarsi nel corso dei 5 anni».
Diceva che tra i problemi che scoraggiano i medici c’è anche quello dei contenziosi legali, che bersagliano soprattutto i chirurghi. Per far fronte alla situazione una petizione on line lancia una camera di compensazione, un luogo di confronto per medici e pazienti. Cosa ne pensa?
«Tutte le iniziative che cercano di sanare questi conflitti tra diverse parti sociali sono più che giustificate, anzi doverose. Il medico lavora al servizio del paziente, quindi procacciare in ogni modo il ricorso è sicuramente una cosa non portare avanti e da non supportare. I chirurghi danno il massimo ma sono esseri umani, quindi possono sbagliare, e hanno bisogno di tutto il supporto possibile. Non dobbiamo creare una guerra tra le parti, ma anzi riconoscere che tutti cercano di cooperare sinergicamente per il bene del Servizio sanitario nazionale».