La presidente della Federazione Logopedisti Italiani: «In estate non solo difficoltà di accesso ai servizi sanitari nazionali, ma anche di continuità di erogazione delle prestazioni in corso, riabilitazione compresa. Negare la terapia riabilitativa significa aggravare la condizione di malati gravi e cronici»
Prima una stagione invernale all’insegna di nuove e violente ondate di Covid-19, poi l’estate. Ecco che anche durante l’anno in corso il Sistema Sanitario Nazionale è messo a dura prova dalla carenza di personale. A farne le spese non sono solo i sanitari, spesso costretti a doppi e tripli turni per sopperire alle assenze dei colleghi, ma anche i pazienti, soprattutto se gravemente malati o affetti da patologie croniche.
«È ormai, e purtroppo, consueto che in estate ci siano delle difficoltà non solo di accesso ai servizi sanitari nazionali, ma anche di continuità delle prestazioni in corso – spiega Tiziana Rossetto, presidente della Federazione Logopedisti Italiani (FLI) -. In non pochi territori del nostro Paese, la stagione estiva coincide con l’interruzione dei percorsi riabilitativi, compresi quelli logopedici. La logopedia, purtroppo – aggiunge la presidente FLI – soffre di un’evidente carenza di professionisti durante tutto l’anno: se in Europa la media è di 40 logopedisti ogni 100 mila abitanti, in Italia questo rapporto scende a 16 ogni 100 mila».
La carenza o l’interruzione dei percorsi riabilitativi si ripercuote anche sull’assistenza ambulatoriale e ospedaliera. «Le condizioni e lo stato di salute generale dei pazienti a cui viene negata la terapia riabilitativa, anche solo per qualche settimana, e che invece ne necessiterebbero quotidianamente, peggiorano inevitabilmente – aggiunge Rossetto -. Non di rado, necessitano di cure, fino anche a ricoveri, che avrebbero potuto essere evitate semplicemente garantendo la continuità riabilitativa».
Se per i pazienti già in trattamento la carenza di personale si traduce in un’interruzione, per coloro che non hanno ancora avviato il proprio percorso si trasforma una dilatazione ulteriore delle liste di attesa. «Un bambino che ha bisogno del supporto di una logopedista può dover attendere fino a 24 mesi per poter accedere ad un programma riabilitativo. Un tempo inaccettabile – dice la presidente FLI – se si considera che durante l’infanzia la tempestività degli interventi è cruciale affinché si possa ottenere la maggiore efficace. E non si tratta solo del linguaggio, come erroneamente e comunemente si crede. Il ruolo del logopedista è fondamentale anche per tutti i bambini che, a causa di patologie complesse, non hanno la possibilità di alimentarsi per via naturale e, di conseguenza, sono disfagici».
Oltre ai piccoli pazienti, ci sono anche alcuni di età adulta che possono necessitare di una terapia logopedica piuttosto tempestiva. «Incidenti stradali o sul lavoro, malattie croniche degenerative, traumi cranici possono essere causa di afasia, ovvero di un disturbo del linguaggio caratterizzato da un’alterazione della comprensione o dell’espressione delle parole o del non verbale. In questi casi c’è un’alterazione del funzionamento dei centri del linguaggio nella corteccia cerebrale che viene diagnosticata clinicamente, con esami neuropsicologici e neuroradiologici. La prognosi dipende sia dalla causa che dall’estensione della lesione, che dall’età del paziente. Pur in assenza di una terapia specifica la logoterapia può agevolare il recupero ed anche in questo caso – conclude Rossetto – il successo della riabilitazione è tanto più elevato quanto più precoce è l’intervento».
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