L’intersindacale medica non ha rispettato la regola dell’intervallo, ma continua la protesta contro il mancato rinnovo del contratto e il definanziamento della sanità pubblica
La Commissione di Garanzia non ha autorizzato lo sciopero del 9 novembre indetto dall’intersindacale medica. Come preannunciato a Sanità Informazione da Giuseppe Ettore, presidente Fesmed, medici e dirigenti sanitari incroceranno le braccia, per ora, solo il 23 novembre, data inizialmente scelta da Aaroi-Emac per la protesta dei soli anestesisti. La ragione della mancata autorizzazione, come si legge nella comunicazione indirizzata dalla Commissione a tutti i sindacati, è il mancato rispetto della regola dell’intervallo, secondo la quale «in caso di scioperi distinti nel tempo, sia della stessa che di altre organizzazioni sindacali, incidenti sullo stesso servizio finale e sullo stesso bacino di utenza, l’intervallo minimo tra l’effettuazione di un’azione di sciopero e la proclamazione della successiva è fissato in 48 ore».
L’intenzione dei sindacati di scioperare, dunque, resta, e la protesta, che ieri ha visto migliaia di medici riuniti in assemblea nelle strutture ospedaliere, continua. La nuova bozza della manovra, che inizia a circolare in via ufficiosa, non soddisfa quindi la categoria: «È ancora prematuro dare un giudizio – commenta il presidente Fesmed – perché non è chiaro quali saranno gli obiettivi finali. La richiesta è il finanziamento del rinnovo del contratto dei medici e dei dirigenti sanitari: sappiamo che il ministero dell’Economia non aveva dato alcuna risposta alle richieste del ministro Grillo relative alle risorse necessarie. Auspichiamo che questa piccola manovra possa dire con chiarezza, e in tempi brevi, quali saranno le risorse per il contratto».
«In particolare – spiega – noi non abbiamo condiviso che l’imponibile non comprenda l’indennità di esclusività. Per farlo servirebbero 60 milioni, quindi parliamo di una cifra abbastanza dimensionata. E poi c’è la parte normativa, nei confronti della quale abbiamo visto un muro che non fa progredire la qualità, la soddisfazione e la sicurezza del lavoro dei medici. Sono argomenti che vanno affrontati seriamente, e speriamo che possano essere oggetto di ulteriori incontri con il ministro Grillo, che ci aveva dato grande disponibilità».
Ma come è ormai chiaro, non è solo il mancato rinnovo del contratto ad aver portato i medici alla protesta: c’è anche la tutela della sanità pubblica, messa a repentaglio da una ormai cronica carenza di medici, causata dall’insufficiente numero di borse di specializzazione e destinata ad aggravarsi con l’approvazione di “Quota 100”. Senza calcolare l’esodo di professionisti che fuggono il pubblico per rifugiarsi nelle migliori condizioni di vita del privato: «In tanti ospedali mancano i medici – prosegue Ettore – mentre migliaia di giovani camici bianchi sono bloccati nell’imbuto formativo che strozza il loro percorso formativo. Nel frattempo, i pochi medici rimasti ancora a erogare servizi sono veramente stanchi e insoddisfatti, e molti stanno andando in pensione senza aver raggiunto il limite pensionistico. Sono dati che devono far riflettere, senza dimenticare che quella generazione che se ne va porta con sé una ricchezza di contenuti professionali ed una capacità che non abbiamo nemmeno avuto modo di trasferire ai più giovani».
«E chi ne paga le conseguenze, alla fine, sono i cittadini. Avranno anche il reddito di cittadinanza – conclude il presidente Fesmed -, ma poi dovranno pagarsi le cure. Ecco perché crediamo che la nostra sia una battaglia globale, sociale, non solo sanitaria. Noi non molleremo e presidieremo le scelte che verranno fatte in un settore, quello della salute, che continua a non interessare a partiti e Governo, e non si capisce perché».