Il presidente della Società italiana della Medicina di Emergenza-urgenza sull’emendamento al Dl Semplificazione che prevede la partecipazione ai concorsi 2019 di chi ha lavorato per 4 anni, negli ultimi 10, nei servizi di emergenza: «Non risolve carenza di specialisti ma sana la posizione del singolo medico»
Non sarà necessario avere una specializzazione per accedere ai concorsi per la medicina e chirurgia d’accettazione e d’urgenza indetti nel corso del 2019. Sarà sufficiente aver maturato, negli ultimi dieci anni, almeno quattro anni di servizio, anche non continuativi, presso i servizi di emergenza-urgenza ospedalieri del Servizio sanitario nazionale. È quanto previsto da un emendamento del governo al decreto Semplificazione voluto dal Ministero della Salute e visionato dall’Adnkronos.
C’è chi parla di sanatoria e chi vede nell’emendamento una soluzione per garantire l’erogazione delle prestazioni. Intermedia la posizione di Francesco Rocco Pugliese, presidente nazionale della Società italiana della medicina di emergenza-urgenza, che da un lato evidenzia il «grado elevato di specializzazione e di competenza professionale» raggiunto oggi dai medici d’emergenza-urgenza, e quindi la necessità di formare medici specializzati in questa area per «garantire la qualità delle prestazioni erogate»; dall’altro sottolinea la «gravissima carenza di medici d’urgenza» e l’impossibilità, avendo «pianificato male gli accessi alle scuole di specializzazione», di colmare tale lacuna con i soli medici specialisti.
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Ma i conti non tornano. Come evidenziato da Pugliese a Sanità Informazione, l’emendamento prevede l’ammissione ai concorsi di operatori che già hanno lavorato, negli ultimi 4 anni, nei servizi di emergenza ospedalieri e, molto probabilmente, ancora vi lavorano. Quindi «non vengono introdotte forze nuove nel sistema, non viene sanata la carenza di specialisti», ma «la posizione del singolo dirigente che, da contratto a tempo determinato o di collaborazione, vincendo il concorso otterrebbe un contratto a tempo indeterminato».
Poi «può essere accettata come soluzione tampone, eccezionale e irripetibile – aggiunge il presidente della Simeu – ma ad ogni modo dovrà essere previsto, per i vincitori non specializzati di questi concorsi, il completamento del percorso formativo per garantire la qualità delle prestazioni da erogare». E Pugliese azzarda delle ipotesi: «Si potrebbe per esempio pensare alla frequenza dell’ultimo biennio della scuola di specializzazione, ma non saranno di certo sufficienti poche centinaia di ore di un corso regionale». Ad ogni modo, questi medici «non saranno mai specialisti in medicina d’emergenza-urgenza, quindi come si svilupperà la loro carriera rispetto ai colleghi che hanno ottenuto la specializzazione?», si chiede in conclusione Francesco Pugliese.